ANNO 2024
C-683/22 – Adusbef (ponte Morandi) SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione) 7 novembre 2024
«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2014/23/UE – Procedura di aggiudicazione dei contratti di concessione – Articolo 43 – Modifica di una concessione, durante il periodo della sua validità, senza apertura alla concorrenza – Concessione di autostrade – Crollo del ponte Morandi a Genova (Italia) – Procedimento nazionale per grave inadempimento agli obblighi di manutenzione e custodia della rete autostradale – Nuovi obblighi a carico del concessionario – Obbligo dell’amministrazione aggiudicatrice di esprimersi preliminarmente sulla necessità di organizzare una nuova procedura di aggiudicazione – Obbligo dell’amministrazione aggiudicatrice di esaminare preliminarmente l’affidabilità del concessionario»
1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 38, 43 e 44 della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU 2014, L 94, pag. 1).
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
11. In data 12 ottobre 2007 è stata sottoscritta tra la ASPI e la Azienda Nazionale Autonoma delle Strade (Italia) la «Convenzione unica per l’affidamento in concessione di una pluralità di tratte autostradali», per un’estensione di queste ultime di oltre 2 800 chilometri. Ai sensi dell’articolo 4 di tale convenzione, la concessione scade il 31 dicembre 2038. Il 1º ottobre 2012, il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili è subentrato alla Azienda Nazionale Autonoma delle Strade quale amministrazione aggiudicatrice.
12. Il 14 agosto 2018, il ponte Morandi, situato a Genova, è crollato, causando la morte di 43 persone. Tale ponte faceva parte del viadotto del Polcevera sull’autostrada A10, gestita in concessione dalla ASPI. Il 16 agosto 2018, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha avviato un procedimento nei confronti della ASPI per grave inadempimento agli obblighi di manutenzione e custodia della rete autostradale.
13. A partire dal 10 luglio 2019 hanno avuto luogo varie riunioni tra la ASPI, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, allo scopo di trovare una soluzione negoziale alle controversie pendenti relative al crollo del ponte Morandi.
14. L’11 luglio 2020, la ASPI ha presentato una proposta di soluzione negoziale nella quale si impegnava, in primo luogo, a pagare la somma di EUR 3 400 milioni a titolo di interventi strutturali compensativi; in secondo luogo, a rafforzare gli standard di sicurezza della rete autostradale in sua concessione e, in terzo luogo, a cedere, insieme alla Mundys SpA, già Atlantia SpA, sua controllante, il controllo della ASPI alla Cassa Depositi e Prestiti SpA e ad investitori ritenuti accettabili da quest’ultima.
15. Il 14 ottobre 2021, sulla base di tale proposta, la ASPI e il Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili hanno concluso un accordo transattivo (in prosieguo: l’«accordo transattivo»). Conformemente alla procedura stabilita all’articolo 43 del decreto-legge n. 201 di cui al punto 10 della presente sentenza, tale accordo è stato approvato con delibera del CIPE n. 75, del 22 dicembre 2021, nonché con decreto interministeriale (del Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze) n. 37, del 22 febbraio 2022.
16. L’accordo transattivo ha posto fine al procedimento avviato nei confronti della ASPI per inadempimento grave agli obblighi di manutenzione e custodia della rete autostradale, senza che sia stata formalmente constatata l’esistenza di un inadempimento in capo a quest’ultima.
17. La Adusbef ha proposto dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia), giudice del rinvio, un ricorso di annullamento contro i due atti menzionati al punto 15 della presente sentenza, con i quali è stato approvato l’accordo transattivo, nonché contro vari atti connessi a tale accordo.
18. Nella sua decisione di rinvio, tale giudice ha sottolineato che l’amministrazione aggiudicatrice non ha formalmente proceduto ad un esame della conformità, con le disposizioni della direttiva 2014/23, delle modifiche apportate dall’accordo transattivo alla concessione autostradale aggiudicata alla ASPI.
19. In primo luogo, l’amministrazione aggiudicatrice non avrebbe formalmente verificato se le modifiche apportate a tale concessione soddisfacessero le condizioni stabilite all’articolo 43, paragrafo 1, primo comma, lettera c), di detta direttiva. Il giudice del rinvio ritiene, al riguardo, che un inadempimento agli obblighi di manutenzione incombenti al concessionario suscettibile di incidere sulla sicurezza stradale non possa essere considerato una circostanza imprevedibile ai sensi di tale disposizione.
20. In secondo luogo, l’amministrazione aggiudicatrice non avrebbe neppure verificato se la modifica prevista fosse idonea ad alterare «la natura generale della concessione» ai sensi dell’articolo 43, paragrafo 1, primo comma, lettera c), ii), di detta direttiva.
21. In terzo luogo, il giudice del rinvio sottolinea che, conformemente all’accordo transattivo, la Mundys ha venduto l’88% del capitale della ASPI a una holding di cui la Cassa Depositi e Prestiti Equity è l’azionista di maggioranza al 51% e nella quale due fondi esteri, la Macquarie e la Blackstone, detengono ciascuno il 24,5%. Tuttavia, l’amministrazione aggiudicatrice non avrebbe formalmente esaminato se tale modifica dell’assetto proprietario della ASPI richiedesse l’organizzazione di una nuova procedura di aggiudicazione della concessione, in particolare alla luce dell’articolo 43, paragrafo 1, primo comma, lettera d), della direttiva 2014/23.
22. In quarto luogo, tale giudice si domanda, alla luce dell’articolo 38, paragrafo 7, lettera f), e dell’articolo 38, paragrafo 9, della direttiva 2014/23, se l’accordo transattivo, che ha portato alla prosecuzione della concessione autostradale di cui trattasi nel procedimento principale, avrebbe dovuto essere preceduto da una valutazione formale dell’affidabilità della ASPI, a seguito del crollo del ponte Morandi. A tal riguardo detto giudice osserva che la ricostruzione del ponte Morandi è stata affidata non alla ASPI, alla quale – come titolare della concessione – pur incombe la gestione del ponte, bensì a imprese terze.
23. In quinto luogo, per l’ipotesi in cui si ritenga che avrebbe dovuto essere organizzata una nuova procedura di aggiudicazione della concessione e/o che l’amministrazione aggiudicatrice avrebbe dovuto valutare l’affidabilità del concessionario prima della conclusione dell’accordo transattivo, il giudice del rinvio chiede alla Corte di pronunciarsi sull’interpretazione dell’articolo 44 della direttiva 2014/23, che disciplina la risoluzione delle concessioni da parte dell’amministrazione aggiudicatrice. In particolare, il giudice si domanda se tale disposizione esiga la risoluzione di una concessione in corso di validità qualora questa sia stata modificata in violazione delle disposizioni della direttiva.
P.Q.M. la Corte (Quinta Sezione) dichiara:
1) L’articolo 43 della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, in combinato disposto con il principio generale di buona amministrazione, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale ai sensi della quale l’amministrazione aggiudicatrice può procedere alla modifica di una concessione in corso di validità, riguardante la persona del concessionario e l’oggetto della concessione, senza organizzare una nuova procedura di aggiudicazione di concessione, purché tale modifica non rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 43, paragrafo 5, della citata direttiva e l’amministrazione aggiudicatrice abbia esposto i motivi per i quali ha ritenuto di non essere tenuta a organizzare una tale procedura.
2) L’articolo 43 della direttiva 2014/23 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale ai sensi della quale l’amministrazione aggiudicatrice può procedere alla modifica di una concessione in corso di validità senza aver valutato l’affidabilità del concessionario, qualora tale modifica non rientri nell’ambito di applicazione né dell’articolo 43, paragrafo 1, primo comma, lettera d), ii), né dell’articolo 43, paragrafo 5, della citata direttiva. Spetta a ciascuno Stato membro determinare le norme che permettono all’amministrazione aggiudicatrice di reagire qualora il concessionario si sia reso o sia sospettato di essersi reso autore di un grave inadempimento contrattuale, che rende dubbia la sua affidabilità, durante l’esecuzione della concessione.
C‑513/23 Obshtina Pleven SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione) 24 ottobre 2024
« Rinvio pregiudiziale – Procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi – Direttiva 2014/24/UE – Appalti pubblici di lavori – Articolo 42, paragrafo 3, lettera b) – Specifiche tecniche – Menzione “o equivalente” – Riferimento a norme tecniche – Regolamento (UE) n. 305/2011 – Direttiva 2014/35/UE »
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 42, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici (…)
Tale domanda è stata presentata nel contesto di una controversia che vede contrapposti l’Obshtina Pleven (Comune di Pleven, Bulgaria) al rakovoditel na Upravliavashtia organ na Operativna programa «Regioni v rastezh» 2014-2020 (Capo dell’autorità di gestione del programma operativo «Regioni in via di sviluppo» 2014-2020, Bulgaria) in merito ad una decisione con cui quest’ultimo ha ingiunto a detto comune una rettifica delle spese ammissibili al finanziamento di un progetto relativo ad un ambiente urbano sostenibile mediante tale programma operativo, a causa di un’asserita violazione delle norme relative agli appalti pubblici.
15 Il 10 luglio 2020 il Comune di Pleven ha concluso un contratto amministrativo con il Ministero per lo sviluppo regionale e i lavori pubblici, Bulgaria al fine di ottenere, nell’ambito del programma operativo «Regioni in via di sviluppo» 2014-2020, una sovvenzione per il finanziamento di un progetto diretto a contribuire a realizzare un ambiente urbano sostenibile.
16 In questo contesto, tale Comune ha indetto una gara d’appalto, intitolata «realizzazione di lavori di costruzione e di montaggio – ricostruzione degli elementi lineari dell’ambiente urbano di Pleven, suddivisa in tre lotti distinti». Le specifiche tecniche del lotto n. 1 facevano riferimento alle norme BDS 624:87 (Cordoli di calcestruzzo), BDS EN 1340:2005 (Cordoli di calcestruzzo. Requisiti e metodi di prova) e EN 60332-1-2 (Prove su cavi elettrici e ottici in condizioni d’incendio. Parte 1-2: Prova per la propagazione verticale della fiamma su un singolo conduttore o cavo isolato. Procedura per la fiamma di 1 kW premiscelata). Tali specifiche tecniche non contenevano la menzione «o equivalente».
18 Con una decisione del 20 marzo 2023, il Capo dell’autorità di gestione del programma operativo «Regioni in via di sviluppo» 2014-2020 ha imposto una rettifica finanziaria delle spese ammissibili alla sovvenzione dello Stato bulgaro, corrispondente al 25% del valore del contratto. Detta rettifica finanziaria è stata imposta, segnatamente, in quanto la procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico di cui trattasi non era stata condotta in modo conforme all’articolo 48, paragrafo 2, della legge sugli appalti pubblici, che traspone l’articolo 42 della direttiva 2014/24 e prevede, in particolare, che ogni specifica tecnica di un appalto pubblico formulata con riferimento a una norma deve essere completata con le parole «o equivalente». Omettendo una menzione siffatta, il Comune di Pleven avrebbe limitato in modo ingiustificato la possibilità per tutti gli operatori economici interessati di partecipare a tale gara, il che produrrebbe un impatto finanziario poiché farebbe sorgere un rischio di pregiudizio per il bilancio dell’Unione europea.
Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:
L’articolo 42, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2019/1828 della Commissione, del 30 ottobre 2019,
dev’essere interpretato nel senso che:
esso non osta a una normativa nazionale che richiede alle amministrazioni aggiudicatrici l’aggiunta della menzione «o equivalente» in tutti i casi in cui le specifiche tecniche che compaiono nei documenti di una gara d’appalto siano formulate mediante riferimento a norme nazionali che traspongono norme europee, incluse le norme armonizzate rientranti nell’ambito d’applicazione del regolamento (UE) n. 305/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, che fissa condizioni armonizzate per la commercializzazione dei prodotti da costruzione e che abroga la direttiva 89/106/CEE del Consiglio”.
C-652/22 – Kolin, Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 22 ottobre 2024
«Rinvio pregiudiziale – Aggiudicazione di appalti pubblici nell’Unione europea – Direttiva 2014/25/UE – Articolo 43 – Operatori economici di paesi terzi che non hanno concluso con l’Unione un accordo internazionale che garantisca, in modo reciproco e paritario, l’accesso agli appalti pubblici – Insussistenza del diritto di tali operatori economici ad un “trattamento non meno favorevole” – Partecipazione di un siffatto operatore economico ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico – Inapplicabilità della direttiva 2014/25 – Irricevibilità, nell’ambito di un ricorso proposto da detto operatore economico, di una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sull’interpretazione di disposizioni di tale direttiva – richiesta di integrazioni o chiarimenti sull’offerta – modifiche e integrazioni all’offerta iniziale dopo la scadenza del termine di presentazione delle offerte»
(…)
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la società di diritto turco Kolin Inşaat Turizm Sanayi ve Ticaret AȘ (in prosieguo: la «Kolin») e la Državna komisija za kontrolu postupaka javne nabave (commissione nazionale di controllo delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, Croazia) (in prosieguo: la «commissione di controllo») in merito all’aggiudicazione di un appalto pubblico relativo alla costruzione di un’infrastruttura ferroviaria in Croazia.
Procedimento principale e questioni pregiudiziali
21 Il 7 settembre 2020 la HŽ Infrastruktura d.o.o., società di diritto croato incaricata della gestione, della manutenzione e della costruzione di infrastrutture ferroviarie in Croazia, ha avviato una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico per un valore stimato di 2 042 900 000 kuna croate (HRK) (circa EUR 271 milioni), al netto dell’IVA, per la costruzione di un’infrastruttura ferroviaria che collega le località di Hrvatski Leskovac (Croazia) e Karlovac (Croazia), da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
22 In base alle istruzioni impartite agli offerenti dalla HŽ Infrastruktura, questi ultimi dovevano dimostrare le loro capacità tecniche e professionali mediante la produzione di un documento attestante che, nei dieci anni precedenti l’avvio della procedura in parola, gli offerenti stessi avevano eseguito lavori di costruzione di infrastrutture ferroviarie o stradali, comprendenti ponti, viadotti o passaggi, per un valore totale di almeno HRK 30 000 000 (circa EUR 4 milioni), IVA esclusa.
23 Il 25 gennaio 2022 la HŽ Infrastruktura ha adottato una decisione di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi nel procedimento principale selezionando, quale offerta economicamente più vantaggiosa, quella della società di diritto austriaco Strabag AG, della società di diritto croato Strabag d.o.o. e della società di diritto ceco Strabag Rail a.s. (in prosieguo, congiuntamente: il «raggruppamento Strabag»).
24 La Kolin, che figurava tra gli offerenti, ha proposto un ricorso avverso tale decisione dinanzi alla commissione di controllo.
25 Con decisione del 10 marzo 2022 tale commissione ha annullato la decisione della HŽ Infrastruktura menzionata al punto 23 della presente sentenza, sulla base del rilievo che non era debitamente dimostrato che il raggruppamento Strabag disponesse delle capacità tecniche e professionali richieste.
26 Il 6 aprile 2022, nell’ambito del procedimento successivo all’annullamento della sua decisione di aggiudicazione, la HŽ Infrastruktura, in applicazione dell’articolo 263, paragrafo 2, della legge sugli appalti pubblici, ha chiesto al raggruppamento Strabag di presentare, se del caso, un elenco completo dei lavori realizzati, unitamente a un’attestazione che certificasse la conformità e il completamento dei lavori stessi.
27 Il 7 aprile 2022 il raggruppamento Strabag ha depositato tale elenco, unitamente ad una siffatta attestazione, la quale risaliva al 21 marzo 2016. L’elenco completato conteneva un nuovo riferimento, recante il titolo «A9 Pyhrn Autobahn Tunnelkette Klaus Vollausbau Baulos 1, Talübergang Steyr und Rampenbrücke» («lotto 1 del completamento della serie di gallerie Klaus sull’autostrada A9 di Pyhrn, del viadotto che attraversa la valle della Steyr e di un ponte ad arco»).
28 Il 13 aprile 2022 la HŽ Infrastruktura ha chiesto al raggruppamento Strabag, ai sensi dell’articolo 263, paragrafo 2, della legge sugli appalti pubblici, di fornire precisazioni in ordine all’attestazione del 21 marzo 2016.
29 Il 21 aprile 2022 il raggruppamento Strabag ha integrato tale attestazione mediante la comunicazione di documenti da cui risultava il valore esatto dei lavori relativi all’infrastruttura di cui trattasi e un elenco completato indicante i lavori effettuati.
30 A seguito di un riesame e di una rivalutazione delle offerte, il 28 aprile 2022 la HŽ Infrastruktura ha adottato una nuova decisione di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi nel procedimento principale in favore del raggruppamento Strabag. Essa ha infatti ritenuto che il nuovo riferimento, menzionato al punto 27 della presente sentenza, fosse di per sé sufficiente a dimostrare che tale raggruppamento disponeva delle capacità tecniche e professionali richieste.
31 La Kolin ha proposto ricorso avverso tale nuova decisione di aggiudicazione dinanzi alla commissione di controllo, affermando che l’iniziativa della HŽ Infrastruktura di invitare il raggruppamento Strabag ad integrare il suo elenco dei lavori era illegittima.
32 Con decisione del 15 giugno 2022 la commissione di controllo ha respinto tale ricorso, con la motivazione che nessuna disposizione nazionale ostava all’integrazione, da parte del raggruppamento Strabag, dell’elenco dei lavori mediante l’indicazione della realizzazione di lavori diversi da quelli ivi inizialmente contenuti, in quanto l’articolo 263, paragrafo 2, della legge sugli appalti pubblici consente infatti all’amministrazione aggiudicatrice di invitare un offerente a integrare o a chiarire le prove fornite.
33 La Kolin ha proposto un ricorso di annullamento avverso tale decisione dinanzi al Visoki upravni sud (Corte amministrativa d’appello, Croazia), giudice del rinvio, lamentando l’illegittimità non solo dell’invito al raggruppamento Strabag, da parte di HŽ Infrastruktura, a completare l’elenco dei lavori inizialmente allegato alla sua offerta, ma anche della presa in considerazione dell’elenco completato dei lavori, in quanto l’accettazione del riferimento menzionato al punto 27 della presente sentenza modificherebbe l’offerta di tale raggruppamento in modo sostanziale e violerebbe, segnatamente, il principio della parità di trattamento.
(…)
In tale contesto, il Visoki upravni sud (Corte amministrativa d’appello) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’articolo 76 della direttiva [2014/25], in combinato disposto con l’articolo 36 della medesima direttiva, consenta all’ente aggiudicatore di prendere in considerazione documenti prodotti dall’offerente per la prima volta dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte, documenti che non erano inclusi nell’offerta iniziale e che comprovano circostanze non menzionate dall’offerente nell’offerta iniziale.
2) In caso di risposta affermativa alla prima questione, se l’articolo 76 della direttiva [2014/25], in combinato disposto con l’articolo 36 della stessa, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che, a seguito dell’annullamento della prima decisione di selezione e dopo il rinvio del caso all’ente aggiudicatore affinché proceda nuovamente all’esame e alla valutazione delle offerte, l’ente aggiudicatore chieda all’operatore economico di produrre documenti integrativi comprovanti il rispetto delle condizioni di partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico, documenti che non erano inclusi nell’offerta iniziale, come un elenco dei lavori realizzati, integrato da un riferimento il quale non compariva nell’elenco iniziale dei lavori e che quindi non faceva parte dell’offerta iniziale.
3) Se l’articolo 76 della direttiva [2014/25], in combinato disposto con l’articolo 36 della stessa, debba essere interpretato nel senso che esso osta a che, a seguito dell’annullamento della prima decisione di aggiudicazione e dopo il rinvio del caso all’ente aggiudicatore affinché proceda nuovamente all’esame e alla valutazione delle offerte, l’operatore economico fornisca all’ente aggiudicatore documenti comprovanti il rispetto delle condizioni di partecipazione alla procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico, documenti che non erano inclusi nell’offerta iniziale, come un elenco dei lavori realizzati, integrato da un riferimento il quale non compariva nell’elenco iniziale dei lavori e che quindi non faceva parte dell’offerta iniziale».
39 Nella presente causa, occorre verificare se un ricorso proposto dinanzi a un giudice di uno Stato membro da un operatore economico di un paese terzo, nella fattispecie la Repubblica di Turchia, al fine di contestare la decisione di aggiudicazione di un appalto pubblico adottata in tale Stato membro, possa essere esaminato alla luce delle norme in materia di appalti pubblici emanate dal legislatore dell’Unione, come gli articoli 36 e 76 della direttiva 2014/25, cui si richiama, nel caso di specie, la Kolin e che sono oggetto delle questioni pregiudiziali sollevate.
41 Al riguardo occorre rilevare anzitutto che l’Unione è vincolata, nei confronti di taluni paesi terzi, da accordi internazionali, segnatamente l’AAP, che garantiscono, in modo reciproco e paritario, l’accesso degli operatori economici dell’Unione agli appalti pubblici in tali paesi terzi e quello degli operatori economici di detti paesi terzi agli appalti pubblici nell’Unione.
42 L’articolo 43 della direttiva 2014/25 riflette tali impegni internazionali dell’Unione disponendo che, nella misura in cui sono contemplati dall’AAP e dagli altri accordi internazionali ai quali l’Unione è vincolata, gli enti aggiudicatori degli Stati membri devono accordare agli operatori economici dei paesi terzi che sono parti di un siffatto accordo un trattamento non meno favorevole di quello concesso agli operatori economici dell’Unione.
43 Come emerge dal considerando 27 della medesima direttiva, tale diritto al trattamento non meno favorevole di cui beneficiano gli operatori economici di detti paesi terzi implica che tali operatori economici possano avvalersi delle disposizioni di detta direttiva.
44 Altri paesi terzi non hanno, ad oggi, concluso con l’Unione un accordo internazionale come quelli citati al punto 41 della presente sentenza.
45 Per quanto riguarda gli operatori economici di detti paesi terzi, occorre rilevare che, sebbene il diritto dell’Unione non osti a che tali operatori economici siano ammessi, in assenza di misure di esclusione adottate dall’Unione, a partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico disciplinata dalla direttiva 2014/25, esso osta, per contro, a che detti operatori economici possano, nell’ambito della loro partecipazione a una siffatta procedura, avvalersi della direttiva medesima ed esigere quindi un pari trattamento della loro offerta rispetto a quelle presentate dagli offerenti degli Stati membri e dagli offerenti dei paesi terzi di cui all’articolo 43 della direttiva stessa.
46 Infatti, l’inclusione degli operatori economici dei paesi terzi di cui al punto 44 della presente sentenza nell’ambito di applicazione delle norme in materia di appalti pubblici che il legislatore dell’Unione, come risulta dal considerando 2 della direttiva 2014/25, ha istituito al fine di garantire una concorrenza non falsata, e la cui essenza stessa implica il principio della parità di trattamento (v., in tal senso, sentenze del 17 settembre 2002, Concordia Bus Finland, C‑513/99, EU:C:2002:495, punto 81; del 3 giugno 2021, Rad Service e a., C‑210/20, EU:C:2021:445, punto 43, e del 13 giugno 2024, BibMedia, C‑737/22, EU:C:2024:495, punto 30), avrebbe l’effetto di conferire loro un diritto a un trattamento non meno favorevole in violazione dell’articolo 43 della direttiva medesima, il quale limita il beneficio di tale diritto agli operatori economici di paesi terzi che abbiano concluso con l’Unione un accordo internazionale come quelli previsti da tale articolo.
47 Pertanto, il diritto conferito, dall’articolo 45, paragrafo 1, della direttiva 2014/25, a «qualsiasi operatore economico interessato» di presentare un’offerta in risposta a un avviso di indizione di gara nell’ambito di una procedura aperta di aggiudicazione di un appalto pubblico nell’Unione non si estende agli operatori economici dei paesi terzi che non hanno concluso un siffatto accordo internazionale con l’Unione. Esso non implica neppure che detti operatori, quando sono ammessi a partecipare a una procedura di tal genere, abbiano il diritto di invocare il beneficio della direttiva di cui trattasi. Interpretare diversamente tale disposizione e attribuire, quindi, una portata illimitata all’ambito di applicazione ratione personae della direttiva stessa equivarrebbe a garantire agli operatori economici di tali paesi terzi un accesso paritario alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nell’Unione. Orbene, per la ragione esposta al punto 46 della presente sentenza e come enunciato ormai, altresì, dal considerando 10 del regolamento IPI, la direttiva 2014/25 deve essere intesa nel senso che l’accesso degli operatori economici di detti paesi terzi alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nell’Unione non è garantito e che tali operatori possono esserne esclusi.
48 Tra i paesi terzi di cui al punto 44 della presente sentenza vi è la Repubblica di Turchia, che non è parte né dell’AAP, né di alcun altro accordo che conferisca, su una base di reciprocità, agli operatori economici turchi il diritto di partecipare alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nell’Unione su un piano di parità rispetto agli operatori economici dell’Unione.
51 Pertanto, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, caratterizzata dalla partecipazione, accettata dall’ente aggiudicatore, di un operatore economico turco ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico disciplinata dalla direttiva 2014/25, l’operatore stesso non può avvalersi degli articoli 36 e 76 della direttiva medesima al fine di contestare la decisione di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi.
66 Pur essendo concepibile che le modalità di trattamento di siffatti operatori debbano essere conformi a taluni requisiti, come quelli di trasparenza o di proporzionalità, un ricorso di uno di essi volto a denunciare la violazione di requisiti siffatti da parte dell’ente aggiudicatore può essere esaminato solo alla luce del diritto nazionale e non alla luce del diritto dell’Unione.
67 Da tutto quanto precede risulta che le autorità nazionali non sono competenti a rendere applicabili, agli operatori economici di paesi terzi che non abbiano concluso con l’Unione un accordo internazionale che garantisca l’accesso paritario e reciproco agli appalti pubblici, le disposizioni nazionali che recepiscono le norme contenute nella direttiva 2014/25. Tanto premesso, la giurisprudenza richiamata al punto 53 della presente sentenza non può condurre a dichiarare ricevibili questioni pregiudiziali vertenti sull’interpretazione di dette norme nell’ambito della controversia tra la Kolin e la commissione di controllo.
68 Di conseguenza, l’interpretazione degli articoli 36 e 76 della direttiva 2014/25 non può essere, in alcun modo, pertinente ai fini della soluzione della controversia principale.
69 Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile.
C-452/23 Fastned – CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE presentate il 17 ottobre 2024
« Rinvio pregiudiziale — Appalti pubblici — Contratto di concessione — Direttiva 2014/23/UE — Modifica di una concessione durante il periodo della sua validità — Articolo 43 — Appalto pubblico affidato in house — Successiva perdita dei presupposti per un affidamento in house
3 La controversia che dà origine al presente rinvio pregiudiziale verte sulla legittimità di una decisione adottata dalla società responsabile della gestione delle autostrade federali tedesche (DieAutobahn GmbH des Bundes; in prosieguo: la «Autobahn des Bundes») che, senza indire una procedura di gara, ha integrato alcuni contratti di concessione di aree di servizio autostradali affinché irispettivi concessionari potessero installarvi punti di ricarica elettrici.
4 Questa decisione è stata contestata da due aziende operanti nell’installazione e nella gestione diinfrastrutture di ricarica elettrica per veicoli. Secondo queste ultime, la realizzazione di nuovi punti diricarica elettrica nelle aree di servizio delle autostrade tedesche gestite dagli attuali concessionaridovrebbe essere aperta, e non sottratta, alla concorrenza.
5 Nella presente controversia, la Corte di giustizia dovrà pronunciarsi sull’applicazione delladirettiva 2014/23/UE (4) alle modifiche delle concessioni qualora tali concessioni non siano state, a loro volta, sottoposte a procedure di gara.
(…)
II. Fatti, procedimento e questione pregiudiziale
11. La Autobahn des Bundes è una società di diritto privato, che è di inalienabile proprietà della Repubblica Federale di Germania. Il governo federale le ha affidato, con effetto a partire dal 1º gennaio2021, la progettazione, la costruzione, la gestione, il mantenimento, il finanziamento el’amministrazione in forma patrimoniale delle autostrade federali tedesche.
12. La rete autostradale federale comprende oltre 400 aree di servizio. In esse sono forniti servizi diassistenza agli utenti, con pompe di carburante, stazioni di sosta, toilette e ristoranti.
13. Dal 1951, il predecessore di diritto della Autobahn des Bundes ha affidato la gestione di queste aree di servizio alla società statale Gesellschaft für Nebenbetriebe der Bundesautobahnen mbH,costituita lo stesso anno dalla Repubblica Federale di Germania.
14. Nel 1994, la Gesellschaft für Nebenbetriebe der Bundesautobahnen ha assunto la nuova denominazione Tank & Rast AG, rimanendone la Repubblica Federale di Germania azionista unico. Nello stesso anno, la Tank & Rast AG ha acquisito la società Ostdeutsche Autobahntankstellen GmbH.
15. Negli anni dal 1996 al 1998, il predecessore di diritto della Autobahn des Bundes, senza prima indire una gara, ha concluso con la società Tank & Rast AG circa 280 contratti di concessione di aree di servizio con una durata massima di 40 anni, che sono tuttora validi. All’epoca la Tank & Rast AG era ancora una società di proprietà dello Stato federale.
16.
Tali contratti:
– hanno ad oggetto la gestione di infrastrutture di servizi accessori sulle autostrade federali, sullabase di un contratto tipo (8) che riconosce al concessionario il diritto di costruire e gestire, su una specifica area aziendale, un’infrastruttura per la fornitura di servizi accessori agli utenti. A frontedi ciò, detto concessionario è tenuto a pagare un canone commisurato al fatturato;
– contengono una formula aziendale che prevede un numero prestabilito di pompe di carburante e di spazi operativi, nonché una stazione di sosta e toilette pubbliche. L’infrastruttura di servizi accessori deve essere tenuta aperta 24 ore su 24.
17. Nel 1998, è stato avviato un processo di privatizzazione della Tank & Rast AG, al quale hannopartecipato circa 50 soggetti nazionali ed esteri interessati (9).
18.Il processo di privatizzazione è stato completato il 29 ottobre 1998 con l’acquisizione della Tank& Rast AG da parte di un consorzio formato dalla LSG Lufthansa Service Holding AG, dalla AllianzCapital Partners GmbH e da tre società di gestione di fondi di investimento (10).
19. Successivamente alla privatizzazione della Tank & Rast AG, alla Autobahn Tank & Rast e alla Ostdeutsche Autobahntankstellen (11) sono state aggiudicate, tra il 1999 e il 2019, circa 80 ulteriori concessioni di aree di servizio, 19 delle quali, secondo queste società, mediante gara d’appalto.
20. Il 28 aprile 2022, la Autobahn des Bundes ha stipulato con la Autobahn Tank & Rast e laOstdeutsche Autobahntankstellen un accordo integrativo dei contratti di concessione già esistenti, includendovi l’acquisizione in autonomia di esercizio delle attività di creazione, manutenzione e gestione di infrastrutture operative di ricarica elettrica ad alta potenza nelle aree di servizio interessate.La nuova clausola imponeva l’obbligo di messa a disposizione di un determinato numero di punti diricarica per ciascun sito (12).
21. La Autobahn des Bundes ha pubblicato l’accordo di modifica dei contratti nel supplemento alla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 6 maggio 2022 (13).
22.In tale avviso, la Autobahn des Bundes ha spiegato che la nuova clausola integrativa dei contratti di concessione non era soggetta a una procedura di gara e pertanto per l’integrazione si è proceduto ad un’aggiudicazione diretta. Non vi è stata una modifica sostanziale dei contratti di concessione esistenti ai sensi dell’articolo 132, paragrafo 1, del GWB e, anche se tale modifica fossestata sostanziale, sarebbe contemplata dal paragrafo 2 dello stesso articolo. La messa a disposizione di infrastrutture di ricarica ad alta potenza sarebbe diventata necessaria quale prestazione di servizi integrativa nell’ambito dei contratti di concessione e non era prevedibile al momento della conclusione di tali contratti.
23. La Fastned Deutschland GmbH & Co KG (in prosieguo: la «Fastned») e la Tesla GermanyGmbH (in prosieguo: la «Tesla») sono società che installano e gestiscono infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici.
24.Con lettera del 20 maggio 2022, la Fastned e la Tesla hanno chiesto alla Vergabekammer desBundes (Sezione amministrativa federale di controllo sugli affidamenti di appalti e concessioni,Germania) l’avvio di una procedura di riesame contro la modifica dei contratti di concessione.
25. A sostegno del loro ricorso, la Fastned e la Tesla hanno sostenuto che, ai sensi dell’articolo 135, paragrafo 1, punto 2, del GWB, l’accordo integrativo era inefficace, in quanto gli appalti originari erano stati assegnati senza previa pubblicazione di un avviso di gara a livello dell’Unione europea. La modifica non poteva trovare valido fondamento nell’articolo 132 del GWB, che sarebbe inapplicabile, poiché le concessioni esistenti non sono state assegnate nell’ambito di una gara d’appalto.
26. Il 15 giugno 2022, la Sezione amministrativa federale di controllo sugli affidamenti di appalti e concessioni ha respinto l’istanza di riesame (14).
27. Contro tale decisione di rigetto la Fastned e la Tesla (15) hanno proposto ricorso dinanzi all’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale superiore del Land, Düsseldorf, Germania), al quale sioppongono la Autobahn des Bundes, la Autobahn Tank & Rast e la Ostdeutsche Autobahntankstellen.
(…)
29. È in tale contesto che l’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale superiore del Land,Düsseldorf) sottopone alla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:
«Se l’articolo 72, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2014/24/UE debba essere interpretato nel sensoche nel suo ambito di applicazione rientrano anche quegli appalti pubblici che in precedenza erano statiassegnati ad un organismo in house al di fuori della sfera di applicazione della direttiva 2014/24/UE,allorquando però al momento della modifica del contratto non sussistono più i presupposti perl’affidamento in house».
V. Conclusioni
94. Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di giustizia di rispondere all’Oberlandesgericht Düsseldorf (Tribunale superiore del Land, Düsseldorf, Germania) nei seguenti termini:
«L’articolo 43, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione,
deve essere interpretato nel senso che: non si applica alle modifiche sostanziali delle concessioni aggiudicate in house, fintanto che esse rimangono in vigore in quanto tali, vale a dire fintanto che tali concessioni continuano a mantenere la natura che ha giustificato la loro esclusione dall’ambito di applicazione della direttiva 2014/23.
Si applica, invece, alle modifiche sostanziali di dette concessioni, se tali modifiche sono state apportate dopo la sopravvenuta perdita delle condizioni per un’aggiudicazione
in house, a seguito della sostituzione dell’aggiudicatario iniziale con un altro aggiudicatario che non è sotto il controllo dell’amministrazione aggiudicatrice.
L’applicabilità dell’articolo 43, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2014/23 alla modifica sostanziale di una concessione non è subordinata alla regolarità della sua aggiudicazione iniziale».
C‑28/23, NFŠ a.s., SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione) del 17 ottobre 2024
« Rinvio pregiudiziale – Aggiudicazione di appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi – Direttiva 2004/18/CE – Nozione di “appalti pubblici di lavori” – Insieme contrattuale che comprende un contratto di sovvenzione e un contratto preliminare di acquisto – Interesse economico diretto per l’amministrazione aggiudicatrice – Opera rispondente alle esigenze specificate dall’amministrazione aggiudicatrice – Sovvenzione e contratto preliminare di acquisto costituenti un aiuto di Stato compatibile con il mercato interno – Direttiva 89/665/CEE – Direttiva 2014/24/UE – Conseguenze dell’accertamento dell’inefficacia di un appalto pubblico – Nullità assoluta ex tunc »
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la NFŠ a. s., e, dall’altro, la Slovenská republika konajúca prostredníctvom Ministerstva školstva, vedy, výskumu a športu Slovenskej republiky (Repubblica Slovacca, che agisce tramite il Ministero dell’Istruzione, della Scienza, della Ricerca e dello Sport della Repubblica Slovacca), e il Ministerstvo školstva, vedy, výskumu a športu Slovenskej republiky (Ministero dell’Istruzione, della Scienza, della Ricerca e dello Sport della Repubblica Slovacca) (in prosieguo: il «Ministero dell’Istruzione»), in merito alla promessa di acquisto dello stadio nazionale di calcio che la NFŠ avrebbe dovuto costruire in Slovacchia.
17 Al fine di realizzare il progetto per la costruzione dello stadio nazionale di calcio slovacco, il Governo slovacco ha previsto, con la risoluzione n. 400/2013, del 10 luglio 2013, che il Ministero dell’Istruzione stipulasse, senza gara, un memorandum d’intesa con la società Národný futbalový štadión, a. s., dante causa della NFŠ. Tale memorandum, concluso l’11 luglio 2013, definisce le condizioni di concessione di una sovvenzione per la costruzione di tale stadio nonché le condizioni di tale costruzione.
18 Su tale base, il 21 novembre 2013 il Ministero dell’Istruzione ha stipulato un contratto di sovvenzione con la Národný futbalový štadión, con il quale detto ministero si è impegnato ad erogare a tale società una sovvenzione di EUR 27 200 000 finanziata dal bilancio statale per la costruzione di detto stadio (in prosieguo: il «contratto di sovvenzione»). Tale società si è impegnata a finanziare almeno il 60% dei costi di costruzione.
20 Lo stesso giorno, il Ministero dell’Istruzione, a nome della Repubblica slovacca in qualità di futuro acquirente, ha concluso con la NFŠ, in qualità di futuro venditore, un contratto preliminare di acquisto specificando le condizioni per la conclusione del contratto di acquisto dello stadio nazionale di calcio slovacco (in prosieguo: la «promessa di acquisto»). Il contratto preliminare di acquisto comprende, negli allegati, specifiche tecniche dettagliate e parametri materiali di tale stadio.
22 Sono in corso diversi procedimenti giudiziari relativi al contratto di sovvenzione o al contratto preliminare di acquisto. Davanti all’Okresný súd Bratislava III (Tribunale circoscrizionale, Bratislava III), giudice del rinvio, la NFŠ ha presentato una domanda di accertamento del contenuto del contratto preliminare di acquisto per quanto riguarda la determinazione del prezzo di acquisto, al fine di esercitare l’opzione, prevista a suo favore da tale contratto, di vendere l’edificio costruito. Secondo tale società, il contrato preliminare di acquisto è valido e non costituisce un appalto pubblico, in quanto non prevede un obbligo esecutivo di realizzare lavori. Pertanto, non si tratterebbe di un contratto a titolo oneroso.
23 Al contrario, il Ministero dell’Istruzione sostiene, dinanzi al giudice del rinvio, che il contratto di sovvenzione e il contratto preliminare di acquisto costituiscono un insieme completo di diritti e obblighi reciproci, intenzionalmente volto, data la mancata indizione di una gara, ad aggirare la legge n. 343/2015. In particolare, il contratto preliminare di acquisto avrebbe un carattere oneroso, rivelato dalle modalità di determinazione del prezzo di acquisto che essa prevede.
24 Tale ministero afferma inoltre che esso ha avuto un’influenza determinante sul progetto dello stadio nazionale di calcio slovacco che, in forza del contratto di sovvenzione, deve soddisfare i requisiti previsti, per quanto riguarda gli stadi di categoria 4, dal regolamento dell’Unione delle federazioni calcistiche europee (UEFA) sull’infrastruttura degli stadi. Inoltre, detto ministero avrebbe stabilito requisiti supplementari tramite l’organo direttivo supremo di tale progetto, il comitato di gestione e monitoraggio della costruzione di tale stadio, in seno al quale era rappresentato a maggioranza.
(…)
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
1) L’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi,
dev’essere interpretato nel senso che:
costituisce un «appalt[o] pubblico di lavori», ai sensi di tale disposizione, un insieme contrattuale che vincola uno Stato membro a un operatore economico comprendente un contratto di sovvenzione e un contratto preliminare di acquisto, stipulati allo scopo della costruzione di uno stadio di calcio, dal momento che detto insieme contrattuale crea obblighi reciproci tra tale Stato e tale operatore economico, che includono l’obbligo di costruire tale stadio in conformità alle condizioni specificate da detto Stato e un’opzione unilaterale a beneficio di detto operatore economico corrispondente all’obbligo per lo stesso Stato di acquistare tale stadio, e concede allo stesso operatore economico un aiuto di Stato riconosciuto dalla Commissione europea compatibile con il mercato interno.
2) La direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, e la direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE,
devono essere interpretate nel senso che:
non ostano all’applicazione, a titolo di un’eccezione di nullità sollevata dall’amministrazione aggiudicatrice, di una normativa nazionale ai sensi della quale un contratto concluso in violazione della normativa in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici è viziato da nullità assoluta ex tunc, a condizione che, nel caso di un appalto pubblico rientrante nell’ambito di applicazione materiale della direttiva 2014/24, la normativa che prevede una siffatta nullità rispetti il diritto dell’Unione, ivi compresi i principi generali di tale diritto”.
C‑721/22 P – Commissione europea
« Impugnazione – Appalti pubblici di servizi – Irregolarità nella procedura di aggiudicazione degli appalti – Regolamento (CE) n. 2988/95 (sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità) – Articoli 4, 5 e 7 – Decisione di recupero degli importi indebitamente versati – Note di addebito – Distinzione tra le misure amministrative e le sanzioni amministrative – Possibilità di adottare una misura amministrativa in assenza di normativa settoriale – Decisione di recupero fondata sul regolamento n. 2988/95 e sul regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 – Regolamento n. 1605/2002 – Articolo 103 – Possibilità di recupero presso l’amministratore dell’operatore economico beneficiario di fondi dell’Unione europea »
1 Con la sua impugnazione, la Commissione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 14 settembre 2022, PB/Commissione (T‑775/20; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2022:542), con la quale quest’ultimo ha annullato la decisione C(2020) 7151 final della Commissione, del 22 ottobre 2020, relativa all’applicazione di una misura amministrativa nei confronti dell’amministratore della società [riservato], che ritira gli importi indebitamente percepiti a titolo dei contratti TACIS/2006/101-510 e CARDS/2008/166-429 (in prosieguo: la «decisione controversa»).
14 L’Unione ha aggiudicato due appalti pubblici a un consorzio e, di conseguenza, ha concluso due contratti con la società coordinatrice di tale consorzio (in prosieguo: la «società coordinatrice»), rispettivamente, nel 2006 e nel 2008. Il primo contratto, per un valore massimo di EUR 4 410 000, riguardava la fornitura di assistenza tecnica alle autorità ucraine in vista del ravvicinamento del diritto ucraino al diritto dell’Unione. Il secondo, per un valore massimo di EUR 1 999 125, era destinato a fornire servizi di assistenza tecnica al Consiglio superiore della magistratura in Serbia.
15 A seguito di denunce anonime riguardanti la società coordinatrice, l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha indagato e concluso, in due relazioni, nel senso dell’esistenza di irregolarità gravi e di possibili fatti di corruzione, in ciascuno dei due appalti.
16 Sulla base di tali relazioni dell’OLAF, la Commissione ha adottato, il 15 ottobre 2019, due decisioni con le quali contestava alla società coordinatrice di aver commesso irregolarità sostanziali, ai sensi dell’articolo 103 del regolamento finanziario del 2002, nel corso delle procedure di aggiudicazione dei due appalti di cui trattasi. Tali irregolarità gli sono apparse sufficientemente gravi da far ritenere che tutti i pagamenti effettuati fossero stati versati indebitamente e che dovessero essere recuperati.
18 Il 13 dicembre 2019, la Commissione ha informato PB, che è l’amministratore della società coordinatrice, che intendeva adottare misure amministrative nei suoi confronti, come previsto dagli articoli 4 e 7 del regolamento n. 2988/95. A suo avviso, la responsabilità personale di PB poteva sorgere dal momento che quest’ultimo aveva partecipato, in tale qualità di amministratore, alla realizzazione delle irregolarità in sede di aggiudicazione dei due appalti in questione. Orbene, in quanto amministratore della società coordinatrice, PB avrebbe dovuto vigilare affinché siffatte irregolarità non fossero commesse.
19 Il 22 ottobre 2020, la Commissione ha adottato la decisione controversa sulla base degli articoli 4 e 7 del regolamento n. 2988/95 e, in sostanza, dell’articolo 103 del regolamento finanziario del 2002. Questa decisione ha dichiarato PB responsabile in solido con la società coordinatrice per il pagamento degli importi di EUR 4 241 507 in relazione al primo appalto di cui al punto 14 della presente sentenza e di EUR 797 230,86 in relazione al secondo appalto di cui allo stesso punto.
21 Nella sentenza impugnata, la Corte si è limitata a esaminare il terzo motivo di PB invocato a sostegno della domanda di annullamento della decisione controversa, relativo alla mancanza di base giuridica di detta decisione, nonché alla violazione del principio di legalità delle pene e del principio dell’applicazione della legge penale più clemente. In sostanza, ai punti 55, 63 e 64 della sentenza impugnata, esso ha dedotto dalla sentenza del 28 ottobre 2010, SGS Belgium e a. (C‑367/09, EU:C:2010:648, punti da 52 a 56) che gli articoli 5 e 7 del regolamento n. 2988/95, che consentono di adottare misure e sanzioni amministrative, non hanno effetti diretti al di fuori dell’ambito della politica agricola comune (PAC) e di altri settori che rispondono a regole equivalenti, quali la politica commerciale comune. Il Tribunale ha pertanto statuito che l’adozione di misure e di sanzioni amministrative contro gli autori di irregolarità presuppone l’adozione di normative settoriali specifiche conformi a tale regolamento sulle quali tali misure e sanzioni devono essere fondate. Dette misure e sanzioni non possono quindi basarsi unicamente sul regolamento n. 2988/95.
22 Inoltre, ai punti 66 e 67 della sentenza impugnata, il Tribunale ha constatato che né l’articolo 4 di tale regolamento né l’articolo 103, secondo comma, del regolamento finanziario del 2002 autorizzano la Commissione a chiedere il rimborso degli importi indebitamente percepiti a persone o entità diverse dal loro beneficiario. Esso ha anche rilevato che l’articolo 7 del regolamento n. 2988/95 non fornisce alcun chiarimento su quale categoria di attori debba essere soggetta a una misura amministrativa in un caso del genere.
23 Pertanto, il Tribunale ha statuito, al punto 70 della sentenza impugnata, che la decisione controversa era priva di fondamento giuridico. Avendo accolto il terzo motivo del ricorso di annullamento di tale decisione al punto 71 di tale sentenza, il Tribunale ha annullato detta decisione e, di conseguenza, non ha ritenuto necessario esaminare gli altri nove motivi dedotti da PB.
45 Nel suo unico motivo di impugnazione, la Commissione contesta, in primo luogo, il ragionamento seguito dal Tribunale di primo grado nei punti da 51 a 64 della sentenza impugnata, al termine del quale ha statuito, nel punto 65 di tale sentenza, che il regolamento n. 2988/95 non può costituire, di per sé, la base giuridica pertinente ai fini dell’adozione di misure amministrative intese al recupero degli importi indebitamente riscossi.
46 Come la Corte ha ripetutamente affermato nel contesto della PAC e della politica commerciale comune, l’obbligo di restituire un vantaggio indebitamente percepito mediante una pratica irregolare non costituisce una sanzione per la quale sarebbe necessaria una base giuridica chiara e univoca, distinta dal regolamento n. 2988/95, ma è la mera conseguenza della constatazione che le condizioni necessarie per ottenere un vantaggio derivante dalla normativa dell’Unione sono state create artificialmente, rendendo in tal modo indebito il vantaggio ricevuto e giustificando quindi l’obbligo di restituzione [v., in tal senso, sentenze del 14 dicembre 2000, Emsland-Stärke, C‑110/99, EU:C:2000:695, punto 56; del 4 giugno 2009, Pometon, C‑158/08, EU:C:2009:349, punto 28; del 13 dicembre 2012, FranceAgriMer, C‑670/11, EU:C:2012:807, punto 65; del 17 settembre 2014, Cruz & Companhia, C‑341/13, EU:C:2014:2230, punto 45, nonché del 29 febbraio 2024, Eesti Vabariik (Põllumajanduse Registrite ja Informatsiooni Amet), C‑437/22, EU:C:2024:176, punto 57].
47 Ne consegue che, qualora le irregolarità riscontrate comportino che i contratti in base ai quali un finanziamento europeo doveva essere assegnato a un operatore economico non possano essere considerati validamente conclusi al fine di ottenere il finanziamento in questione, deve essere applicata una misura amministrativa ai sensi del primo trattino dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 2988/95, consistente nel richiedere la restituzione dei fondi indebitamente ricevuti (v., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2012, FranceAgriMer, C‑670/11, EU:C:2012:807, punto 67).
48 La Corte ha quindi già riconosciuto che una misura amministrativa che consiste nel recuperare da un commerciante il vantaggio di cui ha indebitamente beneficiato può essere adottata esclusivamente sulla base dell’articolo 4 del regolamento n. 2988/95.
49 Infatti, disponendo che «[g]li atti per i quali si stabilisce che hanno per scopo il conseguimento di un vantaggio contrario agli obiettivi del diritto [dell’Unione] applicabile nella fattispecie, creando artificialmente le condizioni necessarie per ottenere detto vantaggio, comportano, a seconda dei casi, il mancato conseguimento oppure la revoca del vantaggio stesso», l’articolo 4, paragrafo 3, di detto regolamento è direttamente applicabile in tutti i suoi elementi, anche, di conseguenza, in assenza di una normativa che lo concretizzi.
50 Pertanto, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale ai punti da 62 a 64 della sentenza impugnata, la giurisprudenza menzionata ai punti 46 e 47 della presente sentenza è trasponibile ad una situazione in cui appalti pubblici sono finanziati con fondi concessi dall’Unione ai sensi dei programmi CARDS e TACIS. A tal riguardo, dalla giurisprudenza della Corte emerge chiaramente che il ruolo dell’Unione è quello di finanziare, attraverso i suoi fondi, solo azioni realizzate nel pieno rispetto dei principi e delle norme che regolano l’aggiudicazione degli appalti pubblici (v., in tal senso, sentenze del 14 luglio 2016, Wrocław – Miasto na prawach powiatu, C‑406/14, EU:C:2016:562, punto 43, e dell’8 giugno 2023, ANAS, C‑545/21, EU:C:2023:451, punto 31).
57 In secondo luogo, la Commissione contesta il punto 67 della sentenza impugnata, nella parte in cui il Tribunale ha ivi dichiarato che l’articolo 7 di tale regolamento non precisa la categoria di attori che devono essere oggetto di una misura amministrativa.
58 A questo proposito, dalla seconda frase dell’articolo 7 del regolamento n. 2988/95 si evince che le misure e le sanzioni amministrative dell’Unione «[p]ossono (…) applicarsi alle persone che hanno partecipato all’esecuzione dell’irregolarità, nonché a quelle tenute a rispondere della medesima o a evitare che sia commessa».
60 Nella specie, la Commissione sostiene che PB ha partecipato alle irregolarità ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, di detto regolamento, in particolare coordinando tali irregolarità e redigendo e-mail, o ancora condividendo pranzi con un membro del comitato di valutazione delle offerte. Orbene, anche supponendo che tali fatti siano accertati, PB avrebbe dovuto, nella sua qualità di amministratore della società coordinatrice, non solo astenersi dal partecipare a siffatte irregolarità, ma anche garantire che queste ultime non fossero commesse. Le azioni di PB erano, di conseguenza, coperte dalle disposizioni dell’articolo 7, seconda frase, di detto regolamento.
61 Ne consegue, supponendo che i fatti siano veri, che la Commissione poteva legittimamente dichiarare PB responsabile in solido con la società coordinatrice per il pagamento delle somme indebitamente percepite da quest’ultima nell’ambito dei due appalti pubblici in questione, basando la decisione impugnata unicamente sugli articoli 4 e 7 del regolamento n. 2988/95.
65 Ne consegue che l’articolo 103, secondo comma, del regolamento finanziario del 2002, in combinato disposto con l’articolo 1, paragrafo 2, e gli articoli 4 e 7 del regolamento n. 2988/95, deve essere considerato nel senso che abilita le istituzioni dell’Unione a rivolgersi, al fine di ottenere il rimborso di somme indebitamente versate, alle persone collegate al contraente che, durante la procedura di aggiudicazione di un appalto o la sua esecuzione, hanno partecipato alla commissione di irregolarità, ma anche alle persone che rispondono di tali irregolarità e alle persone che avevano la responsabilità di garantire che tali irregolarità non venissero commesse.
66 In tali circostanze, il Tribunale ha erroneamente dichiarato, al punto 69 della sentenza impugnata, che l’applicazione congiunta degli articoli 4 e 7 di tale regolamento, nonché dell’articolo 103 del regolamento finanziario del 2002 non consentiva di adottare una misura amministrativa nei confronti di PB.
67 Occorre quindi accogliere integralmente il motivo unico dedotto dalla Commissione a sostegno della sua impugnazione e, pertanto, annullare la sentenza impugnata.
C-578/23 – Repubblica Ceca – Conclusioni dell’AVVOCATO GENERALE presentate il 26 settembre 2024
Argomenti: “Rinvio pregiudiziale — Appalti pubblici — Direttiva 2004/18/CE — Articolo 31 — Procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara — Condizioni — Tutela di diritti esclusivi —Situazione di esclusività imputabile all’amministrazione aggiudicatrice — Contratto precedenteall’adesione di uno Stato membro all’Unione europea — Momento in cui devono essere valutate le circostanze di fatto e di diritto del contratto”
«1. Nel 1992, il Ministero delle Finanze della Repubblica ceca (2), ha aggiudicato con affidamento diretto a una determinata società (3) un contratto per l’implementazione di un sistema informativo per l’amministrazione fiscale chiamato ADIS. Titolare dei diritti d’autore sul codice sorgente del programma era IBM, per cui l’utilizzo e l’aggiornamento del sistema informatico dipendevano dalla sua partecipazione.
2. Nel 2016, l’organismo responsabile dell’amministrazione fiscale nella Repubblica ceca ha deciso di stipulare un contratto di servizi post-garanzia di base per l’applicazione ADIS, che ha affidato sempre a IBM mediante una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara.
3. La sottoscrizione di questo nuovo contratto ha generato una controversia fra due autorità della Repubblica ceca: l’ente responsabile dell’amministrazione fiscale, da un lato, e l’ente di vigilanza sulla regolarità degli appalti pubblici, dall’altro. Secondo quest’ultimo, l’aggiudicazione diretta del contratto è illegale.
4. Il giudice chiamato a risolvere in ultima istanza tale controversia dubita che il nuovo contratto rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 31, paragrafo 1, lettera b), della direttiva2004/18/CE (4) sulla cui interpretazione interroga la Corte di giustizia. Desidera sapere se, per valutare una delle condizioni per il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara, deve tener conto delle circostanze di fatto e di diritto esistenti al momento del contratto originario(1992) o del nuovo contratto (2016).
5. Come sfondo della controversia si pone il problema, di portata generale, del
lock-in delle amministrazioni pubbliche che dipendono da un fornitore per utilizzare le tecnologie dell’informazione. Nel 2013 la Commissione ha pubblicato una comunicazione (5) in cui hasottolineato le difficoltà di dette amministrazioni nel cambiare fornitore.
(…)
L’articolo 31, paragrafo 1, lettera b), della direttiva n. 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi,
deve essere interpretato nel senso che:
l’amministrazione aggiudicatrice non può, con le proprie azioni, creare una situazione di esclusività con la quale tenti di giustificare il ricorso a una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara.
Quando l’amministrazione aggiudicatrice stipula un nuovo contratto a cui si applica la direttiva 2004/18 è irrilevante che lo status di esclusività derivi da un contratto iniziale stipulato dalle autorità diuno Stato membro prima della sua adesione all’Unione europea. Per valutare la condotta dell’amministrazione aggiudicatrice in relazione al nuovo contratto è necessario prendere inconsiderazione il contesto di fatto e di diritto al momento della conclusione del nuovo contratto».
C-597/22 P – Commissione europea – SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione) 26 settembre 2024
«Impugnazione/Ricorso di annullamento – Appalti pubblici di servizi – Irregolarità nel procedimento di aggiudicazione dell’appalto – Decisione di recupero di importi indebitamente versati – Decisione che costituisce titolo esecutivo – Articolo 299 TFUE – Competenza del giudice dell’Unione»
“1. Con la sua impugnazione, la Commissione europea chiede l’annullamento parziale della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 6 luglio 2022, HB/Commissione (T 408/21; in prosieguo: la«sentenza impugnata», EU:T:2022:418), con cui quest’ultimo ha annullato, da una parte, la decisioneC(2021) 3339 final della Commissione, del 5 maggio 2021, relativa al recupero di un credito dell’importo di EUR 4 241 507, a carico della HB, a titolo del contratto recante il riferimentoTACIS/2006/101-510 (in prosieguo: il «contratto TACIS»), e, dall’altra, la decisione C(2021) 3340final della Commissione, del 5 maggio 2021, relativa al recupero di un credito dell’importo di EUR 1 197 055,86, a carico della HB, a titolo del contratto recante il riferimento CARDS/2008/166-429 (in prosieguo: il «contratto CARDS») (in prosieguo, congiuntamente: le «decisioni controverse»).
(…)
Fatti
(…)
Il 25 gennaio 2006, l’Unione, rappresentata dalla sua delegazione in Ucraina, ha indetto una gara d’appalto con l’obiettivo di concludere un appalto di servizi per la fornitura di un’assistenza tecnica alle autorità ucraine nell’ottica del ravvicinamento della legislazione ucraina alla legislazione dell’Unione. Detto appalto si inseriva nel quadro del programma di assistenza tecnica alla Comunità degli Stati indipendenti (TACIS) il cui obiettivo era di promuovere la transizione verso un’economia di mercato e di consolidare la democrazia e lo Stato di diritto nei paesi partner dell’Europa orientale e dell’Asia centrale (in prosieguo: l’«appalto TACIS»). Tale appalto è stato aggiudicato al consorzio coordinato dalla HB e il contratto TACIS ad esso afferente è stato sottoscritto, il 17 luglio 2006, per un valore massimo dell’appalto di EUR 4 410 000.
7. Il 24 ottobre 2007, l’Unione, rappresentata dall’Agenzia europea per la ricostruzione (AER), ha indetto una gara d’appalto con l’obiettivo di concludere un appalto di servizi per la fornitura di servizi di assistenza tecnica all’Alto Consiglio giudiziario, in Serbia. Detto appalto si inseriva nel quadro del programma di assistenza comunitaria alla ricostruzione, allo sviluppo e alla stabilizzazione (CARDS) ilcui oggetto era fornire l’assistenza dell’Unione ai paesi dell’Europa sudorientale in vista della loro partecipazione al processo di stabilizzazione e associazione con l’Unione (in prosieguo: l’«appalto CARDS»). Tale appalto è stato aggiudicato al consorzio coordinato dalla HB e il contratto CARDS adesso afferente è stato sottoscritto, il 30 luglio 2008, per un valore massimo dell’appalto diEUR 1 999 125.
8. In seguito ad una missione d’indagine condotta dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), lo stesso ha confermato, in due rapporti d’indagine definitivi, trasmessi alla Commissione, rispettivamente, il 19 aprile 2010 e il 28 novembre 2011, l’esistenza di irregolarità gravi e di possibili fatti di corruzione riguardanti la partecipazione della HB alle gare d’appalto relative ai contratti CARDS e TACIS. L’OLAF ha, inoltre, suggerito di risolvere detti contratti e di procedere ai recuperi.
9. Il 15 ottobre 2019, la Commissione ha adottato la decisione C(2019) 7318 final, relativa alla riduzione degli importi dovuti a titolo del [contratto TACIS] e al recupero degli importi indebitamente versati (in prosieguo: la «decisione di recupero TACIS»), nonché la decisione C(2019) 7319 final, relativa alla riduzione degli importi dovuti a titolo del [contratto CARDS] e al recupero degli importi indebitamente versati (in prosieguo: la «decisione di recupero CARDS»). Con tali decisioni, recanti, segnatamente, i visti contemplati dall’articolo 103 del regolamento finanziario del 2002 e dall’articolo 131 del regolamento finanziario del 2018, la Commissione ha considerato che le procedure relative agli appalti CARDS e TACIS erano viziate da un’irregolarità sostanziale, ai sensi dell’articolo 103 del regolamento finanziario del 2002, che tale irregolarità era imputabile al consorzio coordinato dalla HB e che la sua gravità giustificava la riduzione a zero EUR dell’importo di tali contratti. Tutti i pagamenti a titolo di detti contratti sono quindi stati considerati indebitamente effettuati e soggetti a recupero.
10. Il 19 novembre 2019, la HB ha adito il Tribunale proponendo due ricorsi con cui contestava la legittimità delle decisioni di recupero CARDS e TACIS e reclamava un risarcimento a titolo della responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Con sentenze del 21 dicembre 2021, HB/Commissione (T 795/19; in prosieguo: la «sentenza T 795/19», EU:T:2021:917), e del 21 dicembre 2021,HB/Commissione (T 796/19; in prosieguo: la «sentenza T 796/19», EU:T:2021:918), il Tribunale ha respinto tali ricorsi, da una parte, in quanto irricevibili, nella misura in cui erano diretti all’annullamento di dette decisioni, e, dall’altra, in quanto infondati, nella misura in cui erano diretti a far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione. Il 3 marzo 2022, la Commissione ha proposto, avverso le due sentenze suddette, impugnazioni che sono state registrate, rispettivamente,con i numeri di ruolo C 160/22 P e C 161/22 P.
11. Il 5 maggio 2021, la Commissione ha adottato le decisioni controverse, recanti i visti di cui all’articolo 299 TFUE e di cui all’articolo 100, paragrafo 2, del regolamento finanziario del 2018. Dopo aver ricordato che, in conformità a tale articolo 299, l’esecuzione forzata è disciplinata dalle disposizioni di procedura civile in vigore nello Stato sul territorio del quale essa si svolge e che il controllo della regolarità delle misure esecutive rientra nella competenza dei giudici nazionali, tali decisioni dispongono, al loro articolo 5, che esse costituiscono titolo esecutivo in forza di detto articolo 299.
12. Con ordinanza del 25 aprile 2022, HB/Commissione (T 408/21 R, EU:T:2022:241), il presidente del Tribunale ha accolto la domanda di provvedimenti provvisori presentata dalla HB e ha disposto lasospensione dell’esecuzione di dette decisioni, riservandosi sulle spese.
(…)
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:
1) La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 6 luglio 2022, HB/Commissione (T
408/21, EU:T:2022:418), è annullata.
2)La causa è rinviata al Tribunale dell’Unione europea.
3) Le spese sono riservate”.
Cause riunite C-160/22 P e C 161/22 P, SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione) 26 settembre 2024
«Impugnazione – Appalti pubblici di servizi – Irregolarità nella procedura di aggiudicazione di unappalto – Decisione di recupero della Commissione europea adottata dopo la firma del contratto –Natura giuridica – Decisione che non produce unicamente effetti nell’ambito di tale contratto – Tuteladegli interessi finanziari dell’Unione europea – Misure amministrative – Esercizio di prerogativepubblicistiche – Ricorso di annullamento – Articolo 263 TFUE – Competenza del giudice dell’Unione».
Cause riunite C-403/23 e C-404/23 – SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione) del 26 settembre 2024
« Rinvio pregiudiziale – Appalti pubblici – Direttiva 2004/18/CE – Articolo 47, paragrafo 3 – Articolo 48, paragrafo 4 – Esclusione di un offerente dalla procedura di aggiudicazione – Esclusione della possibilità di ridurre l’originaria composizione di un raggruppamento temporaneo di imprese che ha presentato un’offerta – Incompatibilità – Periodo di validità di un’offerta – Assenza di decadenza dell’offerta giunta a scadenza – Obbligo giurisprudenziale di ritirare espressamente tale offerta –Perdita della cauzione provvisoria che correda detta offerta – Applicazione automatica di tale misura – Articolo 2 – Principi relativi all’aggiudicazione degli appalti pubblici – Principio di proporzionalità – Principio della parità di trattamento – Obbligo di trasparenza – Violazione»
“1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, pag. 114, erettifica in GU 2004, L 351, pag. 44), dell’articolo 6 TUE, degli articoli 49, 50, 54 e 56 TFUE, degli articoli 16, 49, 50 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nonché dell’articolo 4 del protocollo n. 7 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Strasburgo il 22 novembre 1984.
2 Tali domande sono state presentate nell’ambito di due controversie che contrappongono, rispettivamente, nella causa C 403/23, la Luxone Srl, in proprio e quale mandataria del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con la Iren Smart Solutions SpA, e, nella causa C 404/23, la Sofein SpA, già Gi One SpA, a una medesima amministrazione aggiudicatrice, la Consip SpA, in merito ai provvedimenti con cui quest’ultima, da un lato, ha escluso il raggruppamento temporaneo di imprese di cui facevano parte la Luxone e la Sofein da una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico e, dall’altro, ha escusso la cauzione provvisoria che i componenti di tale raggruppamento avevano costituito in vista della loro partecipazione a detta procedura.
(…)
Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:
1) L’articolo 47, paragrafo 3, e l’articolo 48, paragrafo 4, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, in combinato disposto con il principio generale di proporzionalità, devono essere interpretati nel senso che:
essi ostano a una normativa nazionale che esclude la possibilità, per i componenti originari di un raggruppamento temporaneo di imprese offerente, di recedere da tale raggruppamento, qualora il termine di validità dell’offerta presentata da detto raggruppamento giunga a scadenza e l’amministrazione aggiudicatrice chieda l’estensione della validità delle offerte che le sono state presentate, purché sia dimostrato, da un lato, che i restanti componenti dello stesso raggruppamento soddisfano i requisiti definiti dall’amministrazione aggiudicatrice e, dall’altro, che la continuazione della loro partecipazione alla procedura di aggiudicazione di cui trattasi non comporta un deterioramento della situazione degli altri offerenti sotto il profilo della concorrenza.
2) I principi di proporzionalità e di parità di trattamento, nonché l’obbligo di trasparenza,quali enunciati all’articolo 2 e al considerando 2 della direttiva 2004/18,
devono essere interpretati nel senso che: essi ostano a una normativa nazionale che prevede l’incameramento automatico della cauzione provvisoria costituita da un offerente a seguito dell’esclusione di quest’ultimo da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi, anche qualora il servizio di cui trattasi non gli sia stato aggiudicato”.
Causa C-424/23 CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE presentate il 12 settembre 2024
« Rinvio pregiudiziale — Appalti pubblici — Direttiva 2014/24/UE — Articolo 42 — Specifiche tecniche — Modalità di formulazione — Carattere limitativo dell’elenco di cui all’articolo 42, paragrafo 3 — Appalto per la realizzazione di lavori con tubature in gres o cemento — Esclusione di tubature in plastica — Riferimento a tipi o a una produzione specifica — Favoreggiamento o eliminazione di talune imprese o taluni prodotti — Principi di parità di trattamento e trasparenza »
1. La Fluvius System Operator CV (2) gestisce le reti di smaltimento delle acque dei comuni dellaregione delle Fiandre (Belgio). Nei suoi appalti di lavori per la costruzione o la sostituzione delletubature di scarico, la Fluvius dispone, di norma, che le tubature di scarico dell’acqua piovana sianoesclusivamente di cemento mentre quelle delle acque reflue di gres.
2. Una società che si occupa di produzione e fornitura di tubature di plastica si è rivolta al giudicedel rinvio per obbligare la Fluvius a includere, in maniera generalizzata, questo tipo di tubature nei suoiappalti.
3. Il giudice del rinvio chiede l’interpretazione dell’articolo 42 della direttiva 2014/24/UE (
3),disposizione che regola le specifiche tecniche negli appalti pubblici (nel caso di specie, di lavori).
4. La Corte, che ha già interpretato la nozione di specifiche tecniche in varie sentenze (4), dovrà sviluppare la sua giurisprudenza al riguardo per rispondere al giudice del rinvio.
(…)
V.
Conclusione
99.
Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere all’OndernemingsrechtbankGent, afdeling Gent (Tribunale delle imprese di Gand, sezione di Gand, Belgio) nei seguenti termini:
«L’articolo 42, paragrafi 2, 3 e 4, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che:
1) l’elenco delle modalità secondo le quali devono essere formulate le specifiche tecniche stabilito dall’articolo 42, paragrafo 3, della direttiva 2014/24 ha carattere prescrittivo e limitativo;
2) in conformità dell’articolo 42, paragrafo 4, della direttiva 2014/24, il requisito secondo cui le tubature per lo scarico delle acque piovane e reflue siano, rispettivamente, di cemento e di gres costituisce un riferimento a tipi specifici o produzioni specifiche. Questo riferimento:
– comporta, di per sé, l’effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti, senza prevedere necessariamente l’esistenza di un solo produttore di tale prodotto sul mercato;
– può essere ammesso se giustificato dall’oggetto dell’appalto, giustificazione che l’amministrazione aggiudicatrice deve fornire nei documenti di gara;
– può altresì essere autorizzato qualora sia impossibile fornire una descrizione sufficientemente precisa e intellegibile dell’oggetto dell’appalto, in applicazione dell’articolo 42, paragrafo 3, della direttiva 2014/24;
– deve essere accompagnato dall’espressione “o equivalente”, salvo il caso in cui l’oggetto dell’appalto sia inevitabilmente vincolato, in termini oggettivi, all’utilizzo di un componente dei lavori che non ammette la sua sostituzione con un componente equivalente;
3) la violazione di quanto previsto dall’articolo 42, paragrafo 3 o 4, della direttiva 2014/24 comporta una violazione del paragrafo 2 del medesimo articolo, nonché dell’articolo 18,paragrafo 1, della direttiva citata».
C-598/22 – Società Italiana Imprese Balneari Srl – SENTENZA DELLA CORTE dell’11 luglio 2024
Argomenti: “Rinvio pregiudiziale – Articolo 49 TFUE – Concessioni del demanio pubblico marittimo – Scadenza e rinnovo – Normativa nazionale che prevede la cessione a titolo gratuito allo Stato delle opere non amovibili realizzate sul demanio pubblico – Restrizione – Insussistenza”
“La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 49 e 56 TFUE.
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la Società Italiana Imprese Balneari Srl (in prosieguo: la «SIIB») al Comune di Rosignano Marittimo (Italia; in prosieguo: il«Comune»), avente ad oggetto delle decisioni mediante le quali il Comune ha constatato che, alla scadenza di una concessione di occupazione del demanio pubblico marittimo rilasciata alla SIIB, le opere costruite da quest’ultima su tali aree erano state acquisite, a titolo gratuito, dallo Stato italiano, ed ha di conseguenza imposto il pagamento di canoni demaniali maggiorati.
(omissis)
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara: L’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che: esso non osta ad una norma nazionale secondo la quale, alla scadenza di una concessione per l’occupazione del demanio pubblico e salva una diversa pattuizione nell’atto di concessione, il concessionario è tenuto a cedere, immediatamente, gratuitamente e senza indennizzo, le opere non amovibili da esso realizzate nell’area concessa, anche in caso di rinnovo della concessione”.
Cause riunite da C-728/22 a C-730/22 – Associazione Nazionale Italiana Bingo – Conclusioni Avv. generale del 4 luglio 2024
Argomenti: Domanda di pronuncia pregiudiziale – Direttiva 2014/23 – Direttiva 89/665 – Libertà distabilimento – Concessioni per attività di scommesse relative al Bingo – Regime di “proroga tecnica” – Pagamento di un canone mensile in misura fissa – Modifica sostanziale di una concessione – Potere discrezionale dell’amministrazione aggiudicatrice nel sospendere o modificare le condizioni di una concessione – Circostanze imprevedibili non imputabili al concessionario
“1. Le presenti cause vertono su tre domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Consiglio diStato (Italia). Il suddetto giudice interroga la Corte sulla compatibilità con il diritto dell’Unione – principalmente con la direttiva 2014/23, la direttiva 89/665 e l’articolo 49 TFUE – di talune caratteristiche del regime di «proroga tecnica» applicabile in Italia alle concessioni aggiudicate per leattività di gioco del Bingo una volta scadute.
2. Il regime di «proroga tecnica» è stato adottato dal legislatore italiano nel 2013 ed è in vigore da allora in via transitoria in attesa dell’espletamento di una nuova procedura di gara per la riattribuzione di tali concessioni. In forza di tale regime, gli operatori che esercitano un’attività di scommesse relative al Bingo sono tenuti a pagare un canone mensile. Il pagamento di tale canone non era una condizione per l’aggiudicazione iniziale delle loro concessioni e si applica agli operatori del settore in misura fissa, indipendentemente dalla loro capacità finanziaria. Inoltre, tale canone è stato progressivamenteaumentato dalla sua adozione. Oltre a ciò, la subordinazione a tale regime e, con essa, al pagamento delcanone mensile costituiscono una condizione di partecipazione a una futura procedura di gara, la cuidata è stata rinviata più volte dal dicembre 2014 e, attualmente, non è ancora stata fissata.
3. Le presenti domande sono state proposte nell’ambito di procedimenti avviati dinanzi al giudice nazionale da due associazioni di operatori che esercitano attività di scommesse relative al Bingo e da numerosi operatori di tale settore di attività a titolo individuale. Essi ritengono di essere gravemente pregiudicati dal regime di «proroga tecnica», principalmente dopo la pandemia di COVID 19. Contestano, in sostanza, la decisione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (in prosieguo:l’«ADM»), con la quale tale agenzia ha dichiarato di non disporre di un potere discrezionale che leconsenta di sospendere o di modificare le condizioni del regime di «proroga tecnica» disposte dallegislatore italiano.
4. Le presenti cause offrono alla Corte l’opportunità di pronunciarsi sull’ambito di applicazione della direttiva 2014/23 e sul potere discrezionale che le amministrazioni aggiudicatrici degli Stati membri potrebbero essere tenute a esercitare per riconsiderare le condizioni di una concessione qualora circostanze imprevedibili, non imputabili ai concessionari, incidano sull’equilibrio economico della gestione di un servizio. Esse consentono inoltre alla Corte di precisare i limiti entro i quali una concessione può essere modificata senza una nuova procedura di aggiudicazione conformemente alla suddetta direttiva.
(omissis)
V. Conclusione
113. Sulla base dell’analisi che precede, propongo alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dal Consiglio di Stato (Italia) nei seguenti termini:
– Per quanto riguarda le cause C 728/22 e C 729/22:
1) La direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione deve essere interpretata nel senso che essa si applica a concessioni di servizi, come quelle di cui trattasi nei procedimenti principali, che sono state aggiudicate prima dell’entrata in vigore di detta direttiva e che, una volta scadute, sono state reiteratamente prorogate per via legislativa dopo tale entrata in vigore, purché le condizioni dell’aggiudicazione iniziale siano state modificate in modo sostanziale, circostanza che spetta al giudice del rinvio valutare.
2) L’articolo 43, paragrafi 4 e 5, della direttiva 2014/23 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che prevede l’obbligo di pagare un canone mensile non contemplato nell’aggiudicazione iniziale, nei limiti in cui essa modifica i parametri economici di base delle concessioni di cui trattasi, ad esempio fissando una misura identica di tale canone per tutti gli operatori del settore, indipendentemente dalla loro capacità finanziaria, e aumentando sensibilmente la misura di detto canone a partire dalla sua prima imposizione. Entrambe le disposizioni ostano parimenti a tale normativa nella misura in cui il pagamento di detto canone rappresenta una condizione per la partecipazione a una futura procedura di gara ai fini della riattribuzione delle concessioni di cui trattasi. Nell’ipotesi in cui la Corte non condividesse la conclusione di cui al punto 2), propongo allora la seguente risposta aggiuntiva:
3) l’articolo 43, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2014/23 deve essere interpretato nel senso che esso osta a un’interpretazione della normativa nazionale che privi un’amministrazione aggiudicatrice del potere discrezionale di valutare se eventi imprevedibili non imputabili ai concessionari giustifichino una riconsiderazione delle condizionidi una concessione.
4) La direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso inmateria di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori deve essere interpretata nel senso che essa non costituisce una base giuridica che consente dimettere in discussione la legittimità di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che subordina la partecipazione a una futura gara all’adesione a un regime di «proroga tecnica». Qualora la Corte non condividesse la conclusione di cui al punto 1), almeno parzialmente, propongo allora la seguente risposta aggiuntiva: 5) l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che impone al concessionario di accettare le condizioni fissate da tale normativa, ossia l’obbligo di pagamento di un canone mensile non previstonell’aggiudicazione iniziale delle concessioni per poter partecipare a una nuova gara per la riattribuzione di nuove concessioni. Esso osta altresì a un’interpretazione della normativa nazionale che privi un’amministrazione aggiudicatrice del potere discrezionale di valutare se eventi imprevedibili non imputabili ai concessionari e idonei a incidere sull’equilibrioeconomico finanziario delle concessioni giustifichino una riconsiderazione delle condizioni di una concessione.
– Inoltre, per quanto riguarda la sola causa C 730/22: 6) l’articolo 43, paragrafi 4 e 5, della direttiva 2014/23 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che prevede l’obbligo di pagare un canone mensile non contemplato nell’aggiudicazione iniziale, nei limiti in cui essa modifica i parametri economici di base delle concessioni di cui trattasi, ad esempio fissando una misura identica di tale canone per tutti gli operatori del settore, indipendentemente dalla loro capacità finanziaria, e aumentando sensibilmente la misura di detto canone a partire dalla sua prima imposizione. Entrambe le disposizioni ostano parimenti a tale normativa nella misura in cui il pagamento di detto canone rappresenta una condizione per la partecipazione a una futura procedura di gara ai fini dellariattribuzione delle concessioni di cui trattasi.
Qualora la Corte non condividesse la conclusione di cui al punto 1), almeno parzialmente, propongo allora la seguente risposta aggiuntiva: 7) l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella di cuitrattasi nei procedimenti principali, che impone al concessionario di accettare le condizioni fissate da tale normativa, ossia l’obbligo di pagamento di un canone mensile non previsto nell’aggiudicazione iniziale delle concessioni per poter partecipare a una nuova gara per lariattribuzione di nuove concessioni. Esso osta altresì a un’interpretazione della normativa nazionale che privi un’amministrazione aggiudicatrice del potere discrezionale di valutare se eventi imprevedibili non imputabili ai concessionari e idonei a incidere sull’equilibrio economico finanziario delle concessioni giustifichino una riconsiderazione delle condizioni di una concessione”.
C-737/22 – Staten og Kommunernes Indkøbsservice A/S – SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione) del 13 giugno 2024
Argomenti: Rinvio pregiudiziale – Aggiudicazione di appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi – Direttiva 2014/24/UE – Articolo 18 – Principi di parità di trattamento e di trasparenza – Articolo 46 – Suddivisione di un appalto in lotti – Possibilità per l’offerente che ha presentato la seconda offerta economicamente più vantaggiosa di aggiudicarsi un lotto alle condizioni dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
“1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 18 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU 2014, L 94, pag. 65).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Staten og Kommunernes Indkøbsservice A/S (in prosieguo: la «SKI») e la BibMedia A/S in relazione all’aggiudicazione di un appalto pubblico relativo alla fornitura di materiale per biblioteche e di relativi servizi preparatori.
Procedimento principale e questione pregiudiziale
10 La SKI è una centrale di acquisti di proprietà dello Stato danese e del Kommunernes Landsforening (associazione dei comuni del Regno di Danimarca). Tale ente è stato istituito per razionalizzare gli appalti pubblici mediante, in particolare, l’aggiudicazione e la gestione di accordi quadro per conto dello Stato e dei comuni.
11 Il 4 febbraio 2020 la SKI ha indetto una procedura di gara d’appalto per la conclusione di un accordo quadro relativo alla fornitura di materiale per biblioteche e di servizi preparatori. Il criterio per l’aggiudicazione di tale appalto era il prezzo più basso.
12 Tale appalto era suddiviso in otto lotti. I lotti 1 e 2, sui quali verte la controversia principale, erano intitolati rispettivamente «Libri e spartiti danesi (Est)» e «Libri e spartiti danesi (Ovest)», ed avevano valori stimati rispettivamente di 253 milioni di corone danesi (DKK) (circa EUR 34 milioni) e di DKK 475 milioni (circa EUR 63 milioni).
13 Il punto 3.1 del capitolato d’oneri relativo a tale gara d’appalto enunciava quanto segue:
«I lotti 1 e 2 sono interdipendenti (v. punto 3.1.1) e, se un offerente presenta un’offerta per uno di tali lotti, essa è automaticamente considerata presentata per entrambi i lotti. (…)
A parte quanto precede, non vi sono restrizioni riguardo al numero di lotti minimo o massimo per i quali può/deve essere presentata un’offerta.
La SKI prevede di aggiudicare l’appalto ad un solo fornitore per lotto. Lo stesso fornitore può aggiudicarsi più lotti.
(omissis)
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
L’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE,
deve essere interpretato nel senso che:
i principi di parità di trattamento e di trasparenza enunciati in tale disposizione non ostano a che, nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico suddiviso in lotti, all’offerente che abbia presentato la seconda offerta economicamente più vantaggiosa, conformemente alle modalità definite nei documenti di gara, sia aggiudicato un lotto a condizione che accetti di consegnare le forniture e di prestare i servizi relativi a tale lotto allo stesso prezzo proposto dall’offerente che ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa e al quale, di conseguenza, è stato aggiudicato un altro lotto, più consistente, di tale appalto”.
C-547/22 – INGSTEEL – SENTENZA DELLA CORTE del 6 giugno 2024
Argomenti: Rinvio pregiudiziale – Procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori – Direttiva 89/665/CEE – Articolo 2, paragrafo 1, lettera c) – Risarcimento danni concesso a un offerente illegittimamente escluso da una procedura di aggiudicazione di appalti pubblici – Portata – Perdita di un’opportunità
“1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), e dell’articolo 2, paragrafi 6 e 7, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU 1989, L 395, pag. 33), come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici (GU 2007, L 335, pag. 31) (in prosieguo: la «direttiva 89/665»).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la INGSTEEL spol. s r. o. e la Repubblica slovacca, che agisce per il tramite dell’Úrad pre verejné obstarávanie (Ufficio per gli appalti pubblici, Slovacchia), in merito ad un ricorso per risarcimento proposto da tale società a seguito dell’illegittima esclusione del consorzio di cui essa era membro (in prosieguo: il «consorzio offerente») da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico avviata dallo Slovenský futbalový zväz (Federazione calcistica slovacca; in prosieguo: l’«amministrazione aggiudicatrice»).
(omissis)
Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:
L’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007,
deve essere interpretato nel senso che:
esso osta a una normativa o a una prassi nazionali che non ammettono per principio la possibilità, per un offerente escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico in ragione di una decisione illegittima dell’amministrazione aggiudicatrice, di essere indennizzato per il danno subito a causa della perdita dell’opportunità di partecipare a tale procedura ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto”.
C-683/22 – Adusbef (Ponte Morandi) – CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE presentate il 30 aprile 2024
Argomenti: Rinvio pregiudiziale – Concessione della gestione autostradale – Grave inadempimento agli obblighi di manutenzione e custodia — Direttiva 2014/23/UE – Articolo 43 – Modifica della concessione – Continuità del precedente concessionario – Valutazione della necessità di indire una nuova procedura di gara – Motivazione della decisione – Carattere sostanziale delle modifiche – Valutazione dell’affidabilità di un concessionario nel procedimento di modifica della concessione – Articolo 44 – Risoluzione della concessione – Assenza di gara – Inaffidabilità del concessionario
1. Il 14 agosto 2018 si è verificato il crollo del cosiddetto «Ponte Morandi», il viadotto Polcevera sull’autostrada A10 nei pressi di Genova (Italia). All’epoca, la società concessionaria dell’autostrada era Autostrade per l’Italia SpA (in prosieguo: «ASPI»).
2. Le autorità nazionali hanno aperto un procedimento per accertare la responsabilità della società ASPI per grave inadempimento agli obblighi di manutenzione e custodia della rete autostradale che ricade sotto la sua responsabilità.
3. Tale procedimento si è concluso con un accordo transattivo (in prosieguo: l’«accordo transattivo») tra ASPI e le autorità italiane, seguito da un terzo atto aggiuntivo (in prosieguo: il «terzo atto aggiuntivo») sottoscritto dalle stesse parti e inserito nella Convenzione concessoria iniziale. Sulla loro base, le clausole della concessione sono state modificate senza indire una nuova procedura di gara.
4. Un’associazione di consumatori ha impugnato tali accordi e altri atti connessi dinanzi a un giudice italiano, che sottopone alla Corte di giustizia i suoi dubbi sull’interpretazione del diritto dell’Unione in materia di modifica (ed eventuale risoluzione) dei contratti di concessione disciplinati dalla direttiva 2014/23/UE (2).
(omissis)
V. Conclusione
99. Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di giustizia di dichiarare irricevibile la terza questione pregiudiziale sollevata dal Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Italia) e di rispondere alla prima e alla seconda questione nei seguenti termini:
«Gli articoli 38 e 43, paragrafi 1, 4 e 5, della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione,
devono essere interpretati come segue:
1) Ai sensi dell’articolo 43 della direttiva 2014/23, un contratto di concessione può essere modificato senza indire una nuova procedura di evidenza pubblica, qualora le modifiche apportate alle sue clausole, senza alterare la natura generale della concessione, non siano sostanziali, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
Le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori stabiliscono se sia necessario indire una nuova procedura di evidenza pubblica, dopo aver valutato la natura, sostanziale o meno, delle modifiche delle clausole di concessione. La relativa decisione deve consentire alle parti interessate di difendere i propri diritti e, se del caso, il controllo giurisdizionale.
2) L’articolo 38 della direttiva 2014/23 obbliga le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori a valutare l’affidabilità dei candidati, in relazione ai pertinenti motivi di esclusione, nell’ambito del processo di selezione e valutazione qualitativa di detti candidati. Tale valutazione è necessaria sia per il rilascio della concessione iniziale, sia per apportare al contratto di concessione modifiche sostanziali che richiedono una nuova evidenza pubblica”.
C-28/23 – NFŠ a.s. – CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE presentate l’11 aprile 2024
Argomenti: Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2014/24/UE – Appalti pubblici di lavori – Nozione – Appalto pubblico di lavori dissimulato sotto forma di altri accordi – Obblighi reciproci esigibili in sede giurisdizionale – Edificio costruito conformemente alle esigenze dell’amministrazione aggiudicatrice – Influenza determinante – Rilevanza di una decisione della Commissione europea che dichiara gli accordi compatibili con il mercato interno – Direttiva89/665/CEE – Applicabilità – Annullamento di un contratto – Effetti dell’annullamento
“1. Nel 2013 il governo slovacco ha concluso un «contratto di sovvenzione» con un’impresa privata per la costruzione a Bratislava (Repubblica slovacca) dello stadio nazionale di calcio (in prosieguo: lo «stadio»).
2. Nel 2016 le due parti hanno stipulato un nuovo contratto, una delle cui clausole concedeva a detta impresa l’opzione unilaterale di vendere lo stadio allo Stato, a determinate condizioni.
3. Nel 2016 la Slovacchia ha notificato alla Commissione europea, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, le misure di aiuto con fondi pubblici destinate alla costruzione dello stadio, concesse nell’ambito di tali contratti. Il 24 maggio 2017 la Commissione le ha dichiarate compatibili con il mercato interno, mediante la decisione State Aid SA.46530 – Slovakia National Football Stadium.
4. Nel 2020 le autorità slovacche si sono rifiutate di eseguire i contratti stipulati, sostenendo che essi violavano fin dall’inizio le norme dell’Unione in materia di appalti pubblici. La lite ha dato luogo a un certo numero di procedimenti giudiziari incrociati tra le due parti.
5. Nell’ambito di uno di tali procedimenti, che il giudice del rinvio non ha individuato con precisione, quest’ultimo sottopone alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale relativa all’interpretazione delle direttive 2004/18/CE, 2014/24/UE e 89/665/CEE. In particolare, esso nutre il dubbio che i contratti innanzi descritti dissimulino un appalto pubblico di lavori (la cui aggiudicazione avrebbe quindi dovuto essere oggetto di gara pubblica) e, se così fosse, si chiede se l’eventuale dichiarazione della loro nullità avrebbe effetti ex tunc”.
(omissis)
Conclusione
Alla luce di quanto precede, propongo di rispondere all’Okresný súd Bratislava III (Tribunale circoscrizionale di Bratislava III, Slovacchia) nei seguenti termini:
«L’articolo 2, paragrafo 1, punto 6, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che:
un contratto di sovvenzione e un contratto di promessa di compravendita, stipulati tra un organo dello Stato e un’impresa privata, con i quali, rispettivamente, vengono erogati a quest’ultima fondi pubblici ai fini della costruzione di un’infrastruttura sportiva e le viene riconosciuta l’opzione unilaterale di vendere detta infrastruttura allo Stato, non possono essere qualificati come appalto pubblico di lavori se da essi non deriva alcun obbligo, esigibile in sede giurisdizionale, di acquisizione dell’infrastruttura da parte dello Stato e il medesimo non ottiene un vantaggio economico diretto o non ha esercitato un’influenza determinante sulla progettazione dell’opera. Spetta al giudice del rinvio verificare se tali condizioni ricorrano nel caso di specie.
Nulla osta a che la legislazione di uno Stato membro preveda che la sentenza che dichiara la privazione di effetti di un contratto di appalto di lavori aggiudicato senza previa indizione di una gara produca effetti ex tunc nel caso in cui la gara fosse obbligatoria in quanto l’appalto avrebbe dovuto essere assoggettato alle norme in materia di appalti pubblici”.
C-652/22 – Kolin Inşaat Turizm Sanayi ve Ticaret – CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE del 7 marzo 2024
Argomenti: Rinvio pregiudiziale – Appalti pubblici nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali – Direttiva 2014/25/UE – Articolo 43 – Accesso degli operatori economici con sede in un paese terzo che non ha concluso un accordo internazionale con l’Unione europea in materia di appalti pubblici (Accordo di associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia) – Presentazione delle offerte – Possibilità, per un offerente, di produrre documenti integrativi comprovanti le sue qualifiche tecniche e professionali dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte – Principio della parità di trattamento
“I. Introduzione
1. La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame, proposta dal Visoki upravni sud Republike Hrvatske (Corte amministrativa d’appello, Croazia) offre alla Corte l’opportunità di chiarire le circostanze in presenza delle quali, dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte, le amministrazioni aggiudicatrici possono chiedere rettifiche o chiarimenti agli offerenti. Prima di cogliere questa opportunità, tuttavia, la Corte è chiamata anzitutto a pronunciarsi su due questioni di diritto che riguardano la ricevibilità del rinvio. Gli operatori economici con sede in paesi terzi con i quali l’Unione europea non ha concluso un accordo internazionale in materia di appalti pubblici sono legittimati a partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici nell’Unione europea? In caso di risposta affermativa, gli Stati membri possono fissare le condizioni di partecipazione di tali operatori o si tratta di una questione rientrante in via esclusiva nella competenza dell’Unione?”
T 38/21 – Inivos Ltd – SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata) del 21 febbraio 2024
Argomenti: “Appalti pubblici – Procedura negoziata non preceduta dalla pubblicazione di un bando di gara – Fornitura di robot di disinfezione agli ospedali europei – Estrema urgenza – COVID-19 – Ricorrenti che non hanno partecipato alla procedura di aggiudicazione dell’appalto – Ricorso di annullamento – Assenza di incidenza individuale – Natura contrattuale della controversia – Irricevibilità – Responsabilità”
“1. Con il loro ricorso, la Inivos Ltd e la Inivos BV, ricorrenti, chiedono, da un lato, sul fondamento dell’articolo 263 TFUE, l’annullamento della decisione della Commissione europea, del 18 settembre 2020, di ricorrere a una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un avviso di indizione di gara per l’acquisto di robot di disinfezione (in prosieguo: la «decisione di ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara»), della decisione del 3 novembre 2020 di aggiudicare tale appalto (in prosieguo: la «decisione di aggiudicazione impugnata») e della decisione del 19 novembre 2020 di stipulare i contratti-quadro con due operatori nonché la declaratoria di nullità di tali contratti-quadro e, dall’altro lato, sul fondamento dell’articolo 268 TFUE, il risarcimento del danno che esse avrebbero subito per tale motivo.
Fatti
2 Le ricorrenti, con sede nel Regno Unito e nei Paesi Bassi, sono attive nel settore della tecnologia medica e specializzate nella prevenzione e nel controllo delle infezioni.
3 Nel contesto della crisi della COVID-19, la Commissione ha deciso di aiutare gli Stati membri sostenendo la diffusione nei loro ospedali di robot per la disinfezione degli spazi interni, nell’ambito dello strumento per il sostegno di emergenza. Dopo aver analizzato le tecnologie disponibili, la sua scelta si è concentrata sulla disinfezione a raggi ultravioletti (UV) mediante robot autonomi.
4 Basandosi sul motivo di urgenza risultante dalla crisi della COVID-19, la Commissione ha deciso, il18 settembre 2020, di ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara conformemente al punto 11.1, secondo comma, lettera c), dell’allegato I del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione, che modifica i regolamenti (UE)n. 1296/2013, (UE) n. 1301/2013, (UE) n. 1303/2013, (UE) n. 1304/2013, (UE) n. 1309/2013, (UE)n. 1316/2013, (UE) n. 223/2014, (UE) n. 283/2014 e la decisione n. 541/2014/UE e che abroga il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 (GU 2018, L 193, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento finanziario»).
5 Al fine di preparare la procedura di aggiudicazione dell’appalto e di raccogliere informazioni sul mercato interessato e sui potenziali fornitori, la Commissione ha effettuato una consultazione preliminare di mercato a norma dell’articolo 166 del regolamento finanziario inviando un formulario d’indagine, tra l’altro, ad associazioni e raggruppamenti di fabbricanti di robot.
6 Sulla base di tale consultazione di mercato, la Commissione ha costituito un’ampia banca dati di fornitori, i quali sono stati successivamente valutati secondo criteri predefiniti, ossia la marcatura CE (condizione necessaria), la capacità di produzione (almeno 20 unità al mese) e l’esperienza nella diffusione di robot negli ospedali (almeno 10 robot).
7 Sei fornitori che avevano soddisfatto tali criteri sono stati invitati a presentare un’offerta nell’ambito di una procedura negoziata senza previa pubblicazione, recante il riferimento CNECT/LUX/2020/NP0084, ma solo tre hanno effettivamente presentato un’offerta.
8 Il 30 ottobre 2020, è stata redatta una relazione di valutazione, conformemente all’articolo 168, paragrafo 4, del regolamento finanziario, ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto. Due offerte sono state classificate, mentre la terza è stata respinta, non avendo soddisfatto i criteri di selezione.
9 Il 3 novembre 2020, l’ordinatore competente ha adottato la decisione di aggiudicazione impugnata, conformemente alla raccomandazione contenuta nella relazione di valutazione.
10 Il 19 novembre 2020, i contratti-quadro per l’acquisto di robot per disinfezione destinati agli ospedali europei (COVID-19) sono stati stipulati con i due offerenti prescelti (in prosieguo: i «contratti-quadro controversi»); la loro firma è stata annunciata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 9 dicembre 2020, con l’avviso di aggiudicazione dell’appalto 2020/S 240-592299.
11 Il 23 novembre 2020, le ricorrenti hanno preso conoscenza di un comunicato stampa della Commissione, nel quale quest’ultima annunciava l’acquisto di 200 robot di disinfezione nell’ambito di un bilancio specifico proveniente dallo strumento per il sostegno di emergenza.
12 Nel suo comunicato stampa la Commissione indicava che gli ospedali della maggior parte degli Stati membri avevano espresso la necessità e l’interesse di ricevere tali robot, i quali potevano disinfettare una stanza per pazienti di dimensioni standard utilizzando la luce UV in soli 15 minuti, contribuendo in tal modo a prevenire e ridurre la diffusione del virus. Il processo sarebbe controllato da un operatore situato all’esterno dello spazio da disinfettare, al fine di evitare qualsiasi esposizione alla luce UV. Per l’acquisto di tali robot di disinfezione, sarebbe stato messo a disposizione uno stanziamento specifico, fino a 12 milioni di euro, nell’ambito dello strumento per il sostegno di emergenza.
13 Il 3 dicembre 2020, dato che nessun bando di gara era stato pubblicato per l’aggiudicazione in questione nella versione elettronica del Supplemento alla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea dedicato agli appalti pubblici europei e che nessuna informazione era stata pubblicata in merito ad una decisione di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi da parte della Commissione, le ricorrenti hanno inviato una lettera a quest’ultima in cui esprimevano il timore che le norme applicabili in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, fondate sul regolamento finanziario, non fossero state applicate. Esse hanno altresì chiesto alla Commissione di sospendere i contratti-quadro controversi o di porvi fine e di procedere alla revoca di ogni decisione di aggiudicazione che avesse potuto intervenire e hanno invitato la Commissione a organizzare nuovamente la procedura di aggiudicazione, mediante gara d’appalto con previa pubblicazione di un bando di gara.
14 Il 9 dicembre 2020, le ricorrenti hanno appreso, con l’avviso di aggiudicazione dell’appalto (GU2020/S 240-592299), che i contratti-quadro controversi erano già stati stipulati il 19 novembre 2020 (…)”.
C-598/22 – Società Italiana Imprese Balneari Srl – CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE presentate l’8 febbraio 2024
Argomenti: Rinvio pregiudiziale – Articolo 49 TFUE – Contratti pubblici e libertà di stabilimento – Concessioni di occupazione di demanio marittimo – Scadenza e rinnovo – Normativa nazionale che prevede, alla scadenza della concessione, la cessione allo Stato, a titolo gratuito, di opere non amovibili costruite nell’area demaniale – Altre caratteristiche di siffatta normativa – Nozione di “restrizione”
“Introduzione
1. Il litorale italiano, comprese le spiagge, è di proprietà del demanio. L’esercizio di un’attività commerciale su una spiaggia italiana necessita pertanto di una concessione.
2. Una norma nazionale che regola tali concessioni prevede che le opere non amovibili costruite su una spiaggia pubblica restino automaticamente acquisite allo Stato alla scadenza del periodo di concessione, senza alcun indennizzo per il concessionario che le ha realizzate.
3. Viene chiesto se una siffatta norma rappresenti una restrizione alla libertà di stabilimento, quale prevista dall’articolo 49 TFUE.
II. Fatti del procedimento principale, questione pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte
4. Fin dal 1928 la Società Italiana Imprese Balneari Srl (in prosieguo: la «SIIB») gestisce lo stabilimento balneare «Bagni Ausonia» nel Comune di Rosignano Marittimo (in prosieguo: «il Comune»). Lo stabilimento è ubicato in gran parte su un’area appartenente al demanio marittimo, per il cui utilizzo la SIIB ha ottenuto concessioni susseguitesi nel tempo.
5. Nel corso degli anni tale società ha realizzato una serie di manufatti su tale area demaniale.
6. L’ultimo inventario delle opere acquisite al demanio marittimo è stato effettuato dal Comune nel 1958.
7. Il 20 novembre 2007, in corso della concessione n. 27/2003 della SIIB, durata dal 2003 alla fine del 2008, il Comune ha adottato una determinazione con la quale ha ricalcolato i canoni dovuti per tale concessione. L’aumento dei canoni è scaturito dalla riclassificazione di alcune opere incidenti sulla superficie in concessione come di difficile rimozione, con conseguente qualificazione delle stesse come pertinenze demaniali. Tali opere non amovibili esistevano già su detta area demaniale alla data di scadenza della precedente concessione n. 36/2002, in vigore dal 1° gennaio 1999 al 31 dicembre 2002 e di cui era titolare il medesimo concessionario, la SIIB.
8. La determinazione n. 31787 del 20 novembre 2007 si basa sull’articolo 49 del codice della navigazione. Quest’ultima disposizione così recita:
«Salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione, con restituzione del bene demaniale al pristino stato».
9. Nel 2008 il Comune ha avviato una procedura amministrativa di incameramento delle pertinenze demaniali marittime cedute allo Stato dopo il 1958. In risposta a domande scritte poste dalla Corte, il giudice del rinvio ha chiarito che tale procedura non è mai stata completata. Tuttavia, il giudice del rinvio ha spiegato nella sua risposta che un provvedimento amministrativo riguardante l’incameramento da parte dello Stato avrebbe in ogni caso carattere meramente dichiarativo, poiché l’acquisizione della proprietà da parte dello Stato avviene ex lege alla scadenza del periodo di concessione, in virtù dell’articolo 49 del codice della navigazione.
10. Nel maggio 2009, il Comune ha rilasciato alla SIIB una nuova concessione (n. 181/2009) (2) perla stessa area. Durante la procedura di aggiudicazione della concessione, la SIIB ha dichiarato che tutti i manufatti incidenti sull’area demaniale erano di facile rimozione (3). A seguito di un’ispezione sul sito, il Comune ha da ultimo dichiarato nullo il riconoscimento di siffatta qualificazione, con determinazione del 26 novembre 2014. Esso ha ritenuto che sull’area demaniale data in concessione incidessero beni già acquisiti dallo Stato ai sensi dell’articolo 49 del codice della navigazione.
11. Il Comune ha riaffermato tale qualificazione in un provvedimento del 16 aprile 2015 (4). Su tale base, ha rideterminato altresì i canoni dovuti dalla SIIB a partire dal 2009.
12. La SIIB ha impugnato i provvedimenti del 26 novembre 2014 e del 16 aprile 2015 dinanzi al Tribunale amministrativo regionale (TAR) per la Toscana. Essa ha sostenuto che, poiché la concessione era stata rinnovata, era impossibile che tale proprietà fosse incamerata dallo Stato. Detto organo giurisdizionale ha riunito tali ricorsi e ha respinto integralmente tutte le richieste con sentenza del 10 marzo 2021.
13. Per quanto attiene alla classificazione dei manufatti come pertinenze demaniali ai sensi dell’articolo 49 del codice della navigazione, il TAR per la Toscana ha ritenuto che tale incameramento si fosse verificato per effetto di ricognizione concordata nel titolo concessorio sottoscritto da entrambe le parti, e non già a seguito di una decisione unilaterale del Comune. Secondo tale organo giurisdizionale, la l’acquisizione della proprietà a titolo gratuito è, ai sensi dell’articolo 49 del codice della navigazione, il risultato della mancanza di una diversa pattuizione delle parti. Poiché le parti non avevano espressamente previsto un regime giuridico diverso per le pertinenze demaniali marittime nel titolo concessorio, esse dovevano ritenersi assenzienti al regime dispositivo previsto dall’articolo 49 del codice della navigazione.
14. La SIIB ha impugnato tale sentenza dinanzi al Consiglio di Stato (Italia), il giudice del rinvio nella presente causa.
15. Nell’impugnazione, SIIB ha sostenuto, tra l’altro, che l’effetto della cessione a titolo non oneroso di opere di difficile rimozione fosse contrario al diritto dell’Unione e, in particolare, al principio di proporzionalità relativo alle restrizioni delle libertà di mercato sancito dagli articoli 49 e 56 TFUE, come stabilito dalla Corte nella sentenza Laezza (5).
16. Nutrendo dubbi in merito alla compatibilità dell’articolo 49 del codice della navigazione con il diritto dell’Unione, il Consiglio di Stato (Italia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sotto porrealla Corte di giustizia la seguente questione pregiudiziale:
«Se gli articoli 49 e 56 TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza Laezza (C 375/14) ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale quale l’articolo 49 [del codice della navigazione] nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo».
17. Sono state presentate osservazioni scritte alla Corte dalla SIIB, dal Comune, dal governoitaliano e dalla Commissione europea.
18. La Corte ha chiesto una serie di chiarimenti supplementari al giudice del rinvio, ai qualiquest’ultimo ha risposto l’8 settembre 2023.
“Conclusione
(…) propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato (Italia) nei seguenti termini:
Una misura nazionale quale l’articolo 49 del codice della navigazione, che alla scadenza della concessione comporta la cessione allo Stato senza indennizzo delle opere non amovibili costruite nell’area demaniale marittima in concessione, non rappresenta una restrizione al diritto di stabilimento vietata dall’articolo 49 TFUE se la durata della concessione è sufficiente per l’ammortamento dell’investimento da parte del concessionario. Ciò vale anche nel caso in cui lo stesso concessionario si aggiudichi la nuova concessione sulla medesima area.
In subordine, ove una norma nazionale quale l’articolo 49 del codice della navigazione fosse qualificata come restrizione non discriminatoria al diritto di stabilimento, tale restrizione non sarebbe vietata dall’articolo 49 TFUE, nei limiti in cui sia proporzionata ai legittimi obiettivi di salvaguardia della proprietà pubblica e della finanza pubblica, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare”.
Cause riunite C-160/22 P e C-161/22 P e causa C 597/22 P – Commissione europea contro HB – CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE presentate il 25 gennaio 2024
Argomenti: Impugnazione – Appalti pubblici di servizi – Irregolarità nella procedura di aggiudicazione – Decisioni di recupero di importi già versati adottate dopo la firma del contratto – Ricorso di annullamento – Ricevibilità – Competenza del giudice dell’Unione – Decisioni che costituiscono titolo esecutivo adottate ai fini del recupero degli importi richiesti – Competenza della Commissione europea ad adottare dette decisioni che costituiscono titolo esecutivo – Regolamento relativo alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione – Regolamento finanziario
“I. Introduzione
1. Quando una controparte contrattuale dell’Unione europea ha commesso un’irregolarità nel corso della procedura di aggiudicazione di un contratto, che emerge solo dopo la firma di quest’ultimo, la Commissione europea può adottare, nei confronti di detta parte, una decisione di recupero degli importi versati nell’ambito del contratto. Orbene, occorre chiedersi se, ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale a conoscerne, una tale decisione rientri nell’ambito contrattuale o extracontrattuale.
2. In altre parole, occorre chiarire se una tale decisione di recupero rientri nella competenza del giudice del contratto – giudice nazionale o giudice dell’Unione, a seconda dei casi, in funzione della presenza o meno, nel contratto, di una clausola compromissoria ai sensi dell’articolo 272 TFUE – o se si tratti, invece, di un atto impugnabile unicamente dinanzi al giudice dell’Unione mediante un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE.
3. A tale questione la Corte dovrà rispondere nelle cause C 160/22 P e C 161/22 P. La risposta da essa fornita stabilirà se il Tribunale abbia correttamente qualificato le decisioni di recupero di cui trattasi come inserite in un contesto contrattuale e negato la propria competenza a favore del giudice belga quale giudice del contratto o se, al contrario, esso avrebbe dovuto dichiararsi competente a conoscere dei ricorsi proposti dalla controparte contrattuale della Commissione avverso le suddette decisioni.
4. La risposta della Corte a tale questione sarà poi determinante ai fini della risposta alla questione sollevata nella causa C 597/22 P, vale a dire se la Commissione fosse o meno legittimata ad adottare decisioni che costituiscono titolo esecutivo ai sensi dell’articolo 299 TFUE per recuperare gli importi richiesti con le decisioni di recupero controverse.
5. Il Tribunale ha risposto in senso negativo a detta questione, in linea con la qualificazione, da parte sua, delle succitate decisioni come rientranti nell’ambito contrattuale. Infatti, secondo la sentenza ADR Center/Commissione (in prosieguo: la «sentenza ADR») (2), la Commissione non può adottare decisioni che costituiscono titolo esecutivo nell’ambito di rapporti contrattuali che non contengono una clausola compromissoria a favore del giudice dell’Unione.
6. Pertanto, la fondatezza dell’annullamento, da parte del Tribunale, delle decisioni che costituiscono titolo esecutivo oggetto della causa C 597/22 P dipende dalla fondatezza degli accertamenti da esso compiuti con riferimento alle decisioni di recupero oggetto delle cause C 160/22 P e C 161/22 P”.
C-66/22 – Infraestruturas de Portugal S.A. – SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione) del 21 dicembre 2023
Argomenti: Rinvio pregiudiziale – Trasporti – Servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia – Regolamento (CE) n. 1370/2007 – Articolo 1, paragrafo 1 – Articolo 2 bis, paragrafo 2 – Articolo 3, paragrafo 1 – Articolo 4, paragrafo 1 – Articolo 6, paragrafo 1 – Contratto di servizio pubblico di trasporto di passeggeri con autobus – Procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi – Gara d’appalto aperta, trasparente e non discriminatoria – Capitolato d’oneri – Importo della compensazione concessa dall’autorità nazionale competente – Indicizzazione limitata nel tempo e aspecifiche categorie di costi – Ripartizione dei rischi
1) L’articolo 57, paragrafo 4, primo comma, lettera d), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che limita la possibilità di escludere un’offerta di un offerente a causa della sussistenza di indizi seri di condotte di quest’ultimo idonee a falsare le norme in materia di concorrenza alla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico nell’ambito della quale si è verificato tale tipo di condotte.
2) L’articolo 57, paragrafo 4, primo comma, lettera d), della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che: esso osta a una normativa nazionale che affida alla sola autorità nazionale garante della concorrenza il potere di decidere l’esclusione di operatori economici dalle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici a causa di una violazione delle norme in materia di concorrenza.
3) L’articolo 57, paragrafo 4, primo comma, lettera d), della direttiva 2014/24, letto alla luce del principio generale di buna amministrazione, deve essere interpretato nel senso che la decisione dell’amministrazione aggiudicatrice sull’affidabilità di un operatore economico, adottata in applicazione del motivo di esclusione previsto da tale disposizione, deve essere motivata.
C-421/22 – SIA Dobeles autobusu parks – sentenza della Corte del 21 dicembre 2023
Il regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70, come modificato dal regolamento (UE) 2016/2338 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2016, dev’essere interpretato nel senso che: non osta a un regime di compensazione che, nell’ambito di un appalto pubblico di servizi e in esito a una gara d’appalto con procedura aperta, trasparente e non discriminatoria, non impone alle autorità nazionali competenti di concedere a un prestatore di servizi di trasporto di passeggeri soggetto ad obblighi di servizio pubblico una compensazione integrale che copra, per mezzo di un’indicizzazione regolare, qualsiasi aumento dei costi connessi alla gestione e all’esercizio di tale servizio che sfuggono al suo controllo.
ANNO 2023
C-547/22 – INGSTEEL – CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE presentate il 7 dicembre 2023
Argomenti: Rinvio pregiudiziale – Appalti pubblici – Procedure di ricorso – Direttiva 89/665/CEE – Responsabilità extracontrattuale degli Stati membri – Ricorso per risarcimento danni per violazione del diritto dell’Unione proposto da un offerente escluso – Quantificazione – Lucro cessante – Perdita di opportunità
“I. Introduzione
1. Il diritto dell’Unione impone agli Stati membri di consentire a un offerente illegittimamente escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di proporre una domanda di risarcimento danni per perdita di opportunità, qualora detta procedura sia terminata e sia stato stipulato un contratto con l’aggiudicatario? La risposta a tale questione esige che la Corte di giustizia stabilisca se il diritto degli Stati membri disciplini la concessione del risarcimento danni di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (2). In caso affermativo, la Corte dovrà esaminare le conseguenze del requisito che tale diritto rispetti il principio di effettività.
(…)
V. Conclusione
46. Suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali proposte dall’Okresný súd Bratislava II (Tribunale circoscrizionale, Bratislava II, Slovacchia) nei seguenti termini:
L’articolo 2, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, deve essere interpretata nel senso che
spetta al diritto degli Stati membri determinare le condizioni alle quali un giudice nazionale può statuire su una domanda di risarcimento danni proposta da un offerente illegittimamente escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico disciplinata da detta direttiva. Tali condizioni comprendono l’onere e il livello della prova, il nesso di causalità e il calcolo dell’importo dell’eventuale risarcimento. Le norme adottate dagli Stati membri a tal fine devono rispettare i principi di equivalenza e di effettività. Il principio di effettività esige che il giudice nazionale non possa fondarsi su una prassi che impedisce a un offerente illegittimamente escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di chiedere il risarcimento dei danni a titolo di perdita dell’opportunità di aggiudicarsi detto appalto”.
C-441/22 e 443/22 – Obshtina Razgrad et al.
Argomenti: “Rinvio pregiudiziale – Appalti pubblici – Fondi strutturali e d’investimento europei – Esecuzione dell’appalto – Direttiva 2014/24/UE – Articolo 72 – Modifica di contratti durante il periodo di validità – Modifica del termine di esecuzione – Modifica sostanziale – Circostanze imprevedibili”
“1 Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione dell’articolo 72, paragrafo 1, lettera e), e paragrafo 4, lettere a) e b) della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU 2014, L 94, pag. 65), come modificata dal regolamento delegato (UE) 2017/2365 della Commissione, del 18 dicembre 2017 (GU 2017, L 337, pag. 19) (in prosieguo: la «direttiva 2014/24»).
2 Tali domande sono state presentate nell’ambito di due controversie tra, nella prima (causa C 441/22), lo Zamestnik-ministar na regionalnoto razvitie i blagoustroystvoto rakovoditel na Upravlyavashtia organ na Operativna programa «Regioni v rastezh» 2014-2020 (viceministro dello Sviluppo regionale e dei Lavori pubblici, in qualità di capo dell’autorità di gestione del programma operativo «Regioni in via di sviluppo» 2014-2020, Bulgaria) e, nella seconda (causa C 443/22), lo Zamestnik-ministar na regionalnoto razvitie i blаgoustroystvoto i rakovoditel na Natsionalnia organ po Programa INTERREG V-A Rumania-Bulgaria 2014-2020 (viceministro dello Sviluppo regionale e dei Lavori pubblici, in qualità di capo dell’autorità nazionale per il programma INTERREG V-A Romania-Bulgaria 2014-2020, Bulgaria) (in prosieguo, indifferentemente in ciascuna delle due cause: il «capo dell’autorità di gestione») rispettivamente all’Obshtina Razgrad (Comune di Razgrad, Bulgaria) e all’Obshtina Balchik (Comune di Balchik, Bulgaria) in merito alle decisioni prese dal capo dell’autorità di gestione con cui ha applicato a questi due comuni una rettifica finanziaria del 25% sui costi ammissibili nell’ambito dei fondi strutturali e di investimento europei (in prosieguo: i «fondi SIE») nell’ambito degli appalti di lavori pubblici da essi organizzati.
(omissis)
Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara:
L’articolo 72, paragrafo 1, lettera e), e paragrafo 4, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2017/2365 della Commissione, del 18 dicembre 2017, deve essere interpretato nel senso che: al fine di qualificare una modifica di un contratto di appalto pubblico come «sostanziale», ai sensi di tale disposizione, le parti del contratto non devono aver firmato un accordo scritto avente ad oggetto tale modifica, dato che una volontà comune di procedere alla modifica di cui trattasi può altresì essere dedotta, in particolare, da altri elementi scritti provenienti da tali parti.
L’articolo 72, paragrafo 1, lettera c), i), della direttiva 2014/24, come modificata dal regolamento delegato 2017/2365, deve essere interpretato nel senso che: la diligenza di cui deve aver dato prova l’amministrazione aggiudicatrice per potersi avvalere di tale disposizione richiede segnatamente che quest’ultima abbia preso in considerazione, nella preparazione dell’appalto pubblico interessato, i rischi di superamento del termine di esecuzione di tale appalto dovuti a cause di sospensione prevedibili, come le condizioni meteorologiche abituali nonché i divieti regolamentari di esecuzione di lavori pubblicati in anticipo e applicabili per un periodo compreso nel periodo di esecuzione di detto appalto, dato che tali condizioni meteorologiche e divieti regolamentari non possono giustificare, qualora non siano stati previsti nei documenti che disciplinano la procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico, l’esecuzione dei lavori
oltre il termine fissato in tali documenti nonché nel contratto iniziale di appalto pubblico”.
C-480/22 – EVN Business Service e a. – SENTENZA DELLA CORTE (Decima Sezione) del 23 novembre 2023
Argomenti: Rinvio pregiudiziale – Appalti pubblici – Procedure di ricorso in materia di appalti pubblici – Direttiva 2014/25/UE – Articolo 57, paragrafo 3 – Ente aggiudicatore con sede in uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede una centrale di committenza che agisce a suo nome e per suo conto – Accesso alle procedure di ricorso – Regole procedurali applicabili e competenza degli organi di ricorso
“1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte, in particolare, sull’interpretazione dell’articolo 57, paragrafo 3, della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE (GU 2014, L 94, pag. 243).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di diversi ricorsi proposti dalla EVN Business Service GmbH (in prosieguo: la «EBS»), una società di diritto austriaco con sede in Austria, e da due società con sede in Bulgaria avverso talune decisioni del Landesverwaltungsgericht Niederösterreich (Tribunale amministrativo regionale della Bassa Austria, Austria) con le quali quest’ultimo si è dichiarato incompetente quale organo di ricorso in materia di aggiudicazione di appalti pubblici.
(omissis)
Per questi motivi, la Corte (Decima Sezione) dichiara:
1) L’articolo 57, paragrafo 3, della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE, deve essere interpretato nel senso che un’attività di centralizzazione delle committenze, nell’ambito dell’aggiudicazione congiunta di appalti da parte di enti aggiudicatori di diversi Stati membri, è fornita da una centrale di committenza «ubicata in un altro Stato membro» quando l’ente aggiudicatore ha sede in uno Stato membro diverso da quello in cui ha sede la centrale di committenza, indipendentemente, se del caso, dal luogo della sede di un ente terzo che detenga il controllo dell’uno o dell’altro di tali enti.
2) L’articolo 57, paragrafo 3, della direttiva 2014/25, letto alla luce dei considerando 78 e 82 di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che la norma sul conflitto di leggi sancita in tale disposizione, in forza della quale la fornitura di attività di centralizzazione delle committenze da parte di una centrale di committenza è effettuata conformemente alle disposizioni nazionali dello Stato membro in cui è ubicata tale centrale di committenza, si applica anche alle procedure di ricorso, ai sensi della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, relative a tali attività, quando detta centrale di committenza si è incaricata dello svolgimento della procedura di aggiudicazione dell’appalto”.
Causa C-186/22 – Sad Trasporto Locale SpA – sentenza della Corte del 19.10.2023
Argomenti: rinvio pregiudiziale – Trasporti – Servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia Regolamento (CE) n. 1370/2007 – Ambito di applicazione – Articolo 1, paragrafo 2 – Impianti a fune – Aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico di trasporto da parte di un’autorità locale competente a un operatore interno – Trasferimento del rischio di gestione – Compensazione degli obblighi di servizio pubblico
1) L’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1191/69 e (CEE) n. 1107/70 del Consiglio, come modificato dal regolamento (UE) 2016/2338 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 dicembre 2016, deve essere interpretato nel senso che: tale regolamento non si applica a un contratto misto di servizi pubblici di trasporto multimodale di passeggeri comprendente il trasporto con tramvia, funicolare e funivia, anche in un contesto in cui il trasporto su rotaia rappresenta la parte maggioritaria dei servizi di trasporto affidati in gestione.
2) L’articolo 107, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che: non configura «aiuto di Stato», ai sensi di tale disposizione, la compensazione di obblighi di servizio pubblico erogata a un operatore interno nell’ambito di un’aggiudicazione diretta di un contratto di servizio pubblico di trasporto di passeggeri da parte di un’autorità competente a livello locale che è stata calcolata sulla base dei costi di gestione che sono, da un lato, determinati tenendo conto dei costi precedenti del servizio reso dall’operatore uscente e, dall’altro, rapportati a costi o corrispettivi anch’essi relativi all’aggiudicazione precedente o, comunque, concernenti parametri standard di mercato riferibili alla generalità degli operatori del settore interessato, purché il ricorso a siffatti elementi conduca alla determinazione di costi che riflettono quelli che un’impresa media, gestita in modo efficiente e adeguatamente dotata di mezzi necessari al fine di poter soddisfare le esigenze di servizio pubblico richieste, avrebbe dovuto sopportare per adempiere tali obblighi.
Causa C-510/22 – Romaqua Group SA – sentenza della corte del 21.9.2023
Argomenti: rinvio pregiudiziale – Articoli 102 e 106 TFUE – Impresa pubblica – Libertà d’impresa – Libertà di stabilimento – Impresa detenuta interamente da uno Stato membro e che beneficia di concessioni esclusive di utilizzazione di acqua minerale naturale a seguito di un affidamento senza procedura di gara – Normativa nazionale che consente la proroga illimitata della concessione
L’articolo 106, paragrafo 1, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 102 TFUE, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che concede al titolare di un diritto di utilizzazione esclusivo di sorgenti di acqua minerale la possibilità di ottenere, senza procedura di gara, la proroga della sua licenza di utilizzazione per periodi successivi di cinque anni, quando tale normativa porta detto titolare, mediante il mero esercizio dei diritti privilegiati che gli sono stati attribuiti, a sfruttare abusivamente la sua posizione dominante su una parte sostanziale del mercato interno o quando tali diritti possono creare una situazione in cui detto titolare è indotto a commettere siffatti abusi, circostanza che spetta al giudice del rinvio valutare sulla base degli elementi di fatto e di diritto di cui dispone.
Causa C-601/21 – Commissione europea c. Repubblica di Polonia – ricorso per inadempimento ex art. 258 TFUE
Argomenti: Inadempimento di uno Stato – Appalti pubblici di servizi – Tipografia di Stato – Produzione di documenti d’identità e di altri documenti ufficiali nonché di sistemi per la gestione di tali documenti – Affidamento diretto ad un’impresa pubblica (senza ricorso ad una procedura di appalto) – Articolo 346, paragrafo 1, lettera a), TFUE – Direttiva 2014/24/UE – Articolo 1, paragrafi 1 e 3 – Articolo 15, paragrafi 2 e 3 – Speciali misure di sicurezza – Tutela degli interessi essenziali della sicurezza di uno Stato membro
“Avendo introdotto nella normativa polacca esclusioni non previste dalla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, per quanto riguarda gli appalti relativi alla produzione, da un lato, dei documenti pubblici di cui all’articolo 4, punto 5c, dell’ustawa Prawo zamówień publicznych (legge sugli appalti pubblici), del 29 gennaio 2004, come modificata dall’ustawa o dokumentach publicznych (legge sui documenti pubblici), del 22 novembre 2018, ad eccezione dei documenti personali dei militari e delle loro carte d’identità, delle tessere di servizio degli agenti di polizia, delle guardie di frontiera, dei funzionari della sicurezza dello Stato, dei funzionari dell’agenzia per la sicurezza interna, dei funzionari dell’agenzia di intelligence, dei funzionari del servizio di controspionaggio militare e dei militari di carriera nominati a posti all’interno di tale servizio, dei funzionari del servizio di intelligence militare e dei militari di carriera nominati a posti all’interno di tale servizio, nonché dei membri della polizia militare, e, dall’altro, dei bolli d’accisa, dei contrassegni di legalizzazione, dei bollini di controllo, delle schede elettorali, dei contrassegni olografici apposti sui certificati di diritto di voto nonché dei sistemi di microprocessori con software per la gestione dei documenti pubblici, dei sistemi informatici e delle banche dati necessari ai fini dell’utilizzo dei documenti pubblici, parimenti contemplati in tale articolo 4, punto 5c, la Repubblica di Polonia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 1, paragrafi 1 e 3, e dell’articolo 15, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2014/24, in combinato disposto con l’articolo 346, paragrafo 1, lettera a), TFUE”.
C-266/22 – CRRC Qingdao Sifang CO LTD – conclusioni dell’Avvocato generale
Argomenti: Appalti pubblici – Procedure di aggiudicazione – Normativa nazionale – In vigore dopo la pubblicazione del bando – Modifica nozione di operatore economico – Operatore economico stabilito in Cina – Paese terzo non firmatario di un accordo – Esclusione dell’offerta
“10. L’articolo 25 di detta direttiva, intitolato «Condizioni relative all’AAP e ad altri accordi internazionali», così recita:
«Nella misura in cui sono contemplati dagli allegati 1, 2, 4 e 5 e dalle note generali dell’appendice 1 dell’Unione europea dell’AAP e dagli altri accordi internazionali a cui l’Unione è vincolata, le amministrazioni aggiudicatrici accordano ai lavori, alle forniture, ai servizi e agli operatori economici dei firmatari di tali accordi un trattamento non meno favorevole di quello concesso ai lavori, alle forniture, ai servizi e agli operatori economici dell’Unione».
(…)
L’articolo 2, paragrafo 1, punto 10, l’articolo 18, paragrafo 1, l’articolo 25 e l’articolo 49 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2019/1828 della Commissione, del 30 ottobre 2019,
devono essere interpretati nel senso che:
gli operatori economici di Stati terzi che non sono firmatari degli accordi di cui all’articolo 25 della suddetta direttiva non godono dei diritti previsti dalla medesima direttiva e non possono quindi validamente invocare una violazione dei principi di uguaglianza, non discriminazione, certezza del diritto e tutela del legittimo affidamento, sanciti dal diritto dell’Unione”.
C-101/22 P – sentenza della Corte dell’11.5.2023
Argomenti: Impugnazione – Regolamento di procedura della Corte – Articolo 169 – Impugnazione diretta avverso il dispositivo della decisione del Tribunale – Appalti pubblici di servizi – Procedura di gara – Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 – Articolo 170, paragrafo 3 – Punto 23 dell’allegato I – Offerente escluso che porta a conoscenza della Commissione europea indizi relativi al carattere anormalmente basso dell’offerta prescelta – Portata dell’obbligo di motivazione che incombe all’amministrazione aggiudicatrice
“Con la sua impugnazione, la Commissione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 1° dicembre 2021, Sopra Steria Benelux e Unisys Belgium/Commissione (T 546/20; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2021:846), con la quale quest’ultimo ha annullato la sua decisione del 2 luglio 2020 recante, da un lato, il rigetto dell’offerta congiunta presentata, per quanto concerne il lotto A, dalla Sopra Steria Benelux e dall’Unisys Belgium (in prosieguo: congiuntamente, le «società S2U») nell’ambito della gara d’appalto recante il numero di riferimento TAXUD/2019/OP/0006 e riguardante servizi di modellazione, di sviluppo, di manutenzione e di supporto di terzo livello delle piattaforme informatiche della direzione generale «Fiscalità e unione doganale» e, dall’altro, l’attribuzione dell’appalto relativo a detto lotto all’altro consorzio che aveva presentato un’offerta (in prosieguo: la «decisione controversa»
(…)
7 Con lettera del 10 luglio 2020 [(in prosieguo: la “domanda del 10 luglio 2020”)], [le società S2U]hanno contestato l’esito della gara d’appalto e, con riferimento al prezzo indicato nell’offerta prescelta, hanno espresso dubbi sul fatto che un prezzo di molto inferiore a quello da loro proposto, che ritenevano ragionevole e conforme alle condizioni di mercato, potesse essere praticabile senza rischio di “dumping sociale”. Pertanto, hanno invitato l’amministrazione aggiudicatrice, in particolare, a confermare di aver verificato che l’offerta dell’aggiudicatario non presentasse alcun rischio in tal senso.
8 Con lettera del 20 luglio 2020 [(in prosieguo: la “risposta del 20 luglio 2020”)], la Commissione ha risposto, tra l’altro, che un’analisi dettagliata sul piano finanziario dell’offerta prescelta aveva rivelato che la stessa era conforme alle condizioni di mercato dei paesi da cui gli appaltatori e i loro subappaltatori avrebbero eseguito i servizi richiesti».
C-348/22 – AGCM – sentenza della Corte del 20 aprile 2023
Argomenti: Rinvio pregiudiziale – Servizi nel mercato interno – Direttiva 2006/123/CE – Sindacato di validità – Base giuridica – Articoli 47, 55 e 94 CE – Interpretazione – Articolo 12, paragrafi 1 e 2, di tale direttiva – Effetto diretto – Carattere incondizionato e sufficientemente preciso dell’obbligo, imposto agli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali nonché del divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività – Normativa nazionale che prevede la proroga automatica di concessioni di occupazione del demanio marittimo
1) L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che: esso non si applica unicamente alle concessioni di occupazione del demanio marittimo che presentano un interesse transfrontaliero certo.
2) L’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che: esso non osta a che la scarsità delle risorse naturali e delle concessioni disponibili sia valutata combinando un approccio generale e astratto, a livello nazionale, e un approccio caso per caso, basato su un’analisi del territorio costiero del comune in questione.
3) Dall’esame della prima questione non è emerso alcun elemento idoneo ad inficiare la validità della direttiva 2006/123 alla luce dell’articolo 94 CE.
4) L’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che: l’obbligo, per gli Stati membri, di applicare una procedura di selezione imparziale e trasparente tra i candidati potenziali, nonché il divieto di rinnovare automaticamente un’autorizzazione rilasciata per una determinata attività sono enunciati in modo incondizionato e sufficientemente preciso da poter essere considerati disposizioni produttive di effetti diretti.
5) L’articolo 288, terzo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che: la valutazione dell’effetto diretto connesso all’obbligo e al divieto previsti dall’articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2006/123 e l’obbligo di disapplicare le disposizioni nazionali contrarie incombono ai giudici nazionali e alle autorità amministrative, comprese quelle comunali.
C-517/20 – OL – sentenza della Corte del 16 marzo 2023
Argomenti: Rinvio pregiudiziale – Articoli 49 e 56 TFUE – Giochi d’azzardo – Concessioni per l’attività di raccolta di scommesse – Proroga delle concessioni già attribuite senza procedura di gara – Regolarizzazione dei centri di trasmissione dati esercenti questa attività in assenza di concessione e di licenza di polizia – Proroga dei diritti sorti da tale regolarizzazione – Termine ristretto
Gli articoli 49 e 56 TFUE devono essere interpretati nel senso che essi ostano ad una proroga delle concessioni nel settore dei giochi d’azzardo e dei diritti derivanti dalla regolarizzazione della situazione dei centri di trasmissione dati che già esercitavano, ad una certa data, attività di raccolta di scommesse a favore di allibratori esteri non titolari di una concessione e di una licenza di polizia, se e in quanto tale proroga, che può essere giustificata segnatamente da motivi imperativi di interesse generale come l’obiettivo di assicurare la continuità di un controllo sugli operatori di tale settore al fine di garantire la protezione dei consumatori, non sia idonea a garantire la realizzazione di tale obiettivo o vada oltre quanto è necessario per raggiungerlo.
C 53/22 – VZ – sentenza della Corte del 9 febbraio 2023
Argomenti: Rinvio pregiudiziale – Procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori – Direttiva 89/665/CEE – Articolo 1, paragrafo 3 – Interesse ad agire – Accesso alle procedure di ricorso – Grave illecito professionale a causa di un accordo anticompetitivo – Altro operatore definitivamente escluso dalla partecipazione alla procedura di appalto in questione in assenza dei requisiti minimi richiesti
L’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, deve essere interpretato nel senso che: esso non osta alla normativa di uno Stato membro che non consente a un operatore, al quale sia impedito di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico per il motivo che egli non soddisfa una delle condizioni di partecipazione previste dal bando di gara di cui trattasi, e il cui ricorso contro l’inclusione di tale condizione in detto bando di gara sia stato respinto con una decisione passata in giudicato, di contestare il rifiuto dell’amministrazione aggiudicatrice interessata di annullare la decisione di aggiudicazione di tale appalto pubblico a seguito della conferma, con decisione giurisdizionale, che tanto l’aggiudicatario quanto tutti gli altri offerenti avevano partecipato a un accordo costitutivo di una violazione delle regole di concorrenza nello stesso settore interessato dalla procedura di aggiudicazione di detto appalto pubblico.
C-682/21 – HSC Baltic UAB et al. – sentenza della Corte del 26 gennaio
Argomenti: Rinvio pregiudiziale – Appalti pubblici – Direttiva 2014/24/UE – Articolo 57, paragrafo 4, lettera g) – Motivo di esclusione facoltativo connesso a carenze nel quadro di un precedente contratto di appalto – Appalto aggiudicato a un raggruppamento di operatori economici – Risoluzione di tale contratto d’appalto – Inserimento automatico di tutti i membri del raggruppamento in un elenco di fornitori inaffidabili – Principio di proporzionalità – Direttiva 89/665/CEE – Articolo 1, paragrafi 1 e 3 – Diritto a un ricorso effettivo
1) L’articolo 18, paragrafo 1, e l’articolo 57, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che: essi ostano a una normativa o a una prassi nazionale secondo cui, qualora l’amministrazione aggiudicatrice risolva un contratto di appalto pubblico aggiudicato a un raggruppamento di operatori economici a causa di significative o persistenti carenze che hanno determinato la mancata esecuzione di un requisito sostanziale nel quadro di tale contratto d’appalto, ogni membro di detto raggruppamento è automaticamente inserito in un elenco di fornitori inaffidabili e gli è dunque temporaneamente preclusa, in linea di principio, la partecipazione a nuove procedure di aggiudicazione di appalti pubblici.
2) L’articolo 18, paragrafo 1, e l’articolo 57, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2014/24 devono essere interpretati nel senso che: un operatore economico che sia membro di un raggruppamento aggiudicatario di un contratto d’appalto pubblico, in caso di risoluzione di tale contratto d’appalto per inosservanza di un requisito sostanziale, può far valere, al fine di dimostrare che il suo inserimento in un elenco di fornitori inaffidabili è ingiustificato, ogni elemento, anche relativo a terzi, come il partner capofila di tale raggruppamento, idoneo a dimostrare che egli non è all’origine delle carenze che hanno condotto alla risoluzione di detto contratto d’appalto e che non si poteva ragionevolmente pretendere da lui che facesse più di quanto ha fatto per porre rimedio alle carenze in parola.
3) L’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, deve essere interpretato nel senso che: uno Stato membro che preveda, nell’ambito della fissazione di condizioni di applicazione del motivo di esclusione facoltativo previsto all’articolo 57, paragrafo 4, lettera g), della direttiva 2014/24, che i membri di un raggruppamento di operatori economici aggiudicatario di un appalto pubblico siano, in caso di risoluzione di tale appalto per inosservanza di un requisito sostanziale, inseriti in un elenco di fornitori inaffidabili e, quindi, temporaneamente esclusi, in linea di principio, dalla partecipazione a nuove procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, deve garantire il diritto di tali operatori di proporre un ricorso effettivo avverso il loro inserimento in tale elenco.
C-403/21 – SC NV Construct SRL – sentenza della Corte del 26 gennaio 2023
Argomenti: Rinvio pregiudiziale – Articolo 267 TFUE – Nozione di “giurisdizione nazionale” – Criteri – Indipendenza e obbligatorietà della giurisdizione dell’organo nazionale interessato – Stabilità dei membri di tale organo – Direttiva 2014/24/UE – Procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici – Articolo 58 – Criteri di selezione – Possibilità d’includere, in tali criteri, obblighi derivanti da normative speciali applicabili alle attività connesse all’appalto di cui trattasi e non previste quale criterio di selezione nei documenti di gara – Articolo 63, paragrafo 1 – Offerente che si affida alle capacità di un altro soggetto per soddisfare i requisiti dell’amministrazione aggiudicatrice – Impossibilità d’imporre il ricorso al subappalto
1) L’articolo 58 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, in combinato disposto con i principi di proporzionalità e di trasparenza garantiti dall’articolo 18, paragrafo 1, primo comma, di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che: l’amministrazione aggiudicatrice ha la facoltà di imporre come criteri di selezione obblighi derivanti da normative speciali applicabili ad attività che possono dover essere realizzate nell’ambito dell’esecuzione di un appalto pubblico e che non hanno un’importanza significativa.
2) I principi di proporzionalità e di trasparenza garantiti all’articolo 18, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2014/24 devono essere interpretati nel senso che: essi ostano a che i documenti di gara siano automaticamente integrati da criteri di qualificazione risultanti da normative speciali applicabili ad attività connesse all’appalto da aggiudicare che non sono stati previsti in tali documenti e che l’amministrazione aggiudicatrice non ha inteso imporre agli operatori economici interessati.
3) L’articolo 63, paragrafo 1, della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che: esso osta a che un offerente sia escluso da una procedura di aggiudicazione di appalto per il motivo che non ha designato il subappaltatore al quale intende affidare l’esecuzione di obblighi risultanti da normative speciali applicabili alle attività connesse all’appalto di cui trattasi e non previste nei documenti di gara, ove tale offerente abbia precisato nella sua offerta che esso eseguirà tali obblighi facendo affidamento sulle capacità di un altro soggetto senza tuttavia essere vincolato a quest’ultimo da un contratto di subappalto.
C-292/21 – Administración General del Estado – sentenza della Corte del 19 gennaio
Argomenti: Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (c.d. Direttiva Bolkestein) – Concessione di servizio pubblico nel settore dei trasporti – Erogazione di corsi di sensibilizzazione e di rieducazione stradale per il recupero dei punti della patente – Requisiti – Ripartizione del territorio pertinente in cinque lotti – Limite quantitativo e territoriale di accesso all’attività interessata – Motivi imperativi di interesse generale – Giustificazione – Sicurezza stradale – Proporzionalità – Servizio di interesse economico generale
L’articolo 15 della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che: tale disposizione osta a una normativa nazionale secondo la quale l’aggiudicazione dei corsi di sensibilizzazione e di rieducazione stradale per il recupero dei punti della patente di guida deve essere effettuata mediante una concessione di servizio pubblico, nei limiti in cui tale normativa eccede quanto necessario per conseguire l’obiettivo di interesse generale perseguito, ossia il miglioramento della sicurezza stradale.
ANNO 2022
Cause riunite C-383/21 Sambre & Biesme SCRL e C-384/21 Commune de Farciennes – Sentenza della Corte del 22 dicembre 2022
Argomenti: Aggiudicazione di un appalto pubblico senza procedura di gara – Appalti pubblici conclusi tra enti del settore pubblico – Articolo 12, paragrafo 3 – Affidamento in house – Nozione di “controllo analogo” – Presupposti – Rappresentanza di tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti – Articolo 12, paragrafo 4 – Contratto tra amministrazioni aggiudicatrici che perseguono obiettivi comuni di interesse pubblico – Nozione di “cooperazione” – Presupposti – Omessa trasposizione entro i termini impartiti – Effetto diretto
1) L’articolo 12, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che: esso produce effetti diretti nell’ambito di controversie tra persone giuridiche di diritto pubblico in merito all’aggiudicazione diretta di appalti pubblici, quando lo Stato membro interessato ha omesso di trasporre tale direttiva nell’ordinamento giuridico nazionale entro i termini impartiti.
2) L’articolo 12, paragrafo 3, secondo comma, lettera i), della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che: al fine di stabilire che un’amministrazione aggiudicatrice esercita, congiuntamente con altre amministrazioni aggiudicatrici, un controllo sulla persona giuridica aggiudicataria analogo a quello che esse esercitano sui propri servizi, il requisito previsto da tale disposizione, attinente al fatto che un’amministrazione aggiudicatrice sia rappresentata presso gli organi decisionali della persona giuridica controllata, non è soddisfatto per il solo motivo che fa parte del consiglio di amministrazione di detta persona giuridica il rappresentante di un’altra amministrazione aggiudicatrice che fa egualmente parte del consiglio di amministrazione della prima amministrazione aggiudicatrice.
3) L’articolo 12, paragrafo 4, della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che: non è escluso dall’ambito di applicazione di tale direttiva un appalto pubblico con il quale sono affidati a un’amministrazione aggiudicatrice compiti di servizio pubblico che si inseriscono nell’ambito di un rapporto di cooperazione tra altre amministrazioni aggiudicatrici, quando, con l’adempimento di tali compiti, l’amministrazione aggiudicatrice a cui tali compiti sono stati affidati non intenda conseguire obiettivi che condividerebbe con le altre amministrazioni aggiudicatrici, ma si limiti a contribuire alla realizzazione di obiettivi che solo queste altre amministrazioni aggiudicatrici hanno in comune.
C-545/21 – ANAS SpA – Conclusioni dell’Avvocato Generale presentate il 15 dicembre 2022
Argomenti: Rinvio pregiudiziale – Fondi strutturali – Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) – Regolamento (CE) n. 1083/2006 – Articolo 2, punto 7 – Nozione di “irregolarità” – Presunte condotte idonee a favorire un operatore economico nell’ambito di una procedura d’aggiudicazione – Articolo 98, paragrafi 1 e 2 – Rettifiche finanziarie da parte degli Stati membri – Appalti di lavori pubblici – Direttiva 2004/18/CE – Articolo 45, paragrafo 2, primo comma, lettera d) – Motivi di esclusione facoltativi – Errore grave nell’esercizio dell’attività professionale
1) L’articolo 2, punto 7, e l’articolo 70, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell’11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1260/1999, devono essere interpretati nel senso che: una condotta la quale, ad avviso delle autorità competenti, risulti potenzialmente idonea a favorire un operatore economico nell’ambito di una procedura di aggiudicazione rientra nella nozione di «irregolarità», derivandone, in linea generale, la revoca del vantaggio indebitamente conseguito, a condizione che non possa essere esclusa la possibilità che tale condotta abbia prodotto effetti sul bilancio del Fondo interessato.
2) L’articolo 45, paragrafo 2, primo comma, lettera d), della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, dev’essere interpretato nel senso che: non osta, in linea di principio e in considerazione dell’obbligo d’interpretazione del diritto nazionale in modo conforme alle finalità della disposizione medesima, ad una normativa nazionale che escluda da qualsiasi partecipazione alle procedure di aggiudicazione di concessioni e di appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi i soggetti che abbiano commesso un errore grave nell’esercizio della propria attività professionale, accertato dall’amministrazione aggiudicatrice con qualsiasi mezzo.
3) L’articolo 98 del regolamento n. 1083/2006 dev’essere interpretato nel senso che: se l’esistenza di un’«irregolarità», ai sensi dell’articolo 2, punto 7, del regolamento n. 1083/2006, impone sistematicamente alle competenti autorità nazionali di procedere a rettifica finanziaria, il quantum della rettifica applicabile dev’essere determinato, nel rispetto del principio di proporzionalità, in considerazione di tutte le concrete circostanze pertinenti nella specie, vale adire, la natura e la gravità dell’irregolarità accertata nonché la perdita finanziaria per il Fondo interessato, senza peraltro obbligare le autorità medesime a limitare in ogni caso la rettifica finanziaria alla perdita finanziaria subìta dal Fondo stesso, ragion per cui una violazione particolarmente grave e deprecabile è idonea, in linea di principio, a far scattare la rettifica al100% del contributo, a prescindere dall’accertamento di qualsiasi ripercussione economica sul bilancio dell’Unione.
C-769/21 – BTA Baltic Insurance Company – Sentenza della Corte dell’8 dicembre 2022
Rinvio pregiudiziale – Appalti pubblici – Direttiva 2014/24/UE – Articolo 18, paragrafo 1 – Principi di parità di trattamento, di trasparenza e di proporzionalità – Decisione di revoca di un bando di gara – Offerte presentate separatamente da due offerenti che appartengono al medesimo operatore economico e costituiscono le due offerte economicamente più vantaggiose – Rifiuto dell’aggiudicatario di firmare il contratto – Decisione dell’amministrazione aggiudicatrice di rifiutare l’offerta dell’offerente successivo in graduatoria, di concludere la procedura e di avviare una nuova gara d’appalto
Il principio di proporzionalità, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che: osta a una normativa nazionale che impone all’amministrazione aggiudicatrice di porre fine a una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico qualora, in caso di ritiro dell’offerente inizialmente prescelto per aver depositato l’offerta economicamente più vantaggiosa, l’offerente che ha presentato l’offerta successiva economicamente più vantaggiosa costituisca con quest’ultimo un operatore economico unico.
Causa C-54/21 – Antea Polska S.A. – Sentenza della Corte del 17 novembre 2022
Argomenti: Direttiva 2014/24/UE – Principi di aggiudicazione degli appalti – Trasparenza – Riservatezza – Adattamento di tali principi nella legislazione nazionale – Diritto di accesso al contenuto essenziale delle informazioni trasmesse dagli offerenti sull’esperienza e sulle referenze degli stessi, sul personale proposto per eseguire l’appalto, sulla concezione del progetto previsto e sulle modalità di esecuzione – Criteri di aggiudicazione dell’appalto – Criteri relativi alla qualità dei lavori o dei servizi proposti – Requisito di specificità – Direttiva 89/665/CEE – Articolo 1, paragrafi 1 e 3 – Diritto a un ricorso effettivo – Rimedio in caso di violazione di tale diritto derivante dal rifiuto di dare accesso alle informazioni non riservate
1) L’articolo 18, paragrafo 1, e l’articolo 21, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 50, paragrafo 4, e l’articolo 55, paragrafo 3, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che:
essi ostano a una normativa nazionale in materia di aggiudicazione di appalti pubblici la quale imponga che, con la sola eccezione dei segreti commerciali, le informazioni trasmesse dagli offerenti alle amministrazioni aggiudicatrici siano integralmente pubblicate o comunicate agli altri offerenti, nonché a una prassi delle amministrazioni aggiudicatrici consistente nell’accogliere sistematicamente le richieste di trattamento riservato motivate da segreti commerciali.
2) L’articolo 18, paragrafo 1, l’articolo 21, paragrafo 1, e l’articolo 55, paragrafo 3, della direttiva 2014/24,devono essere interpretati nel senso che l’amministrazione aggiudicatrice:
– deve, al fine di decidere se rifiutare, a un offerente la cui offerta ammissibile sia stata respinta, l’accesso alle informazioni presentate dagli altri offerenti in merito alla loro esperienza pertinente e alle relative referenze, all’identità e alle qualifiche professionali del personale proposto per eseguire l’appalto o dei subappaltatori, nonché alla concezione del progetto la cui realizzazione è prevista nell’ambito dell’appalto e alle modalità di esecuzione di quest’ultimo, valutare se tali informazioni abbiano un valore commerciale che non si limita all’appalto pubblico di cui trattasi, informazioni la cui divulgazione può pregiudicare legittimi interessi commerciali o la concorrenza leale;
– può, inoltre, rifiutare l’accesso a tali informazioni qualora la divulgazione di queste ultime, ancorché prive di siffatto valore commerciale, ostacoli l’applicazione della legge o sia contraria all’interesse pubblico, e
– deve, in caso di rifiuto dell’accesso integrale alle informazioni, concedere a detto offerente l’accesso al contenuto essenziale delle stesse informazioni, di modo che sia garantito il rispetto del diritto a un ricorso effettivo.
3) L’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24, in combinato disposto con l’articolo 67, paragrafo 4, di quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che:
esso non osta a che siano incluse, nei criteri di aggiudicazione dell’appalto, la «concezione dello sviluppo del progetto» la cui realizzazione è prevista nell’ambito dell’appalto pubblico di cui trattasi e la «descrizione delle modalità di esecuzione» di tale appalto, a condizione che tali criteri siano accompagnati da specifiche che consentano all’amministrazione aggiudicatrice una valutazione efficace ed obiettiva delle offerte presentate.
4) L’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, deve essere interpretato nel senso che:
qualora si accertino, in sede di esame di un ricorso proposto contro una decisione di aggiudicazione di un appalto pubblico, un obbligo a carico dell’amministrazione aggiudicatrice di dare al ricorrente accesso a informazioni trattate a torto come riservate e una violazione del diritto a un ricorso effettivo derivante dalla mancata divulgazione di dette informazioni, tale accertamento non deve necessariamente comportare l’adozione, da parte di detta amministrazione aggiudicatrice, di una nuova decisione di aggiudicazione dell’appalto, a condizione che il diritto processuale nazionale consenta al giudice adito di adottare, nel corso del procedimento, provvedimenti che ristabiliscano il rispetto del diritto a un ricorso effettivo oppure gli consenta di stabilire che il ricorrente può proporre un nuovo ricorso avverso la decisione di aggiudicazione già adottata. Il termine per la proposizione di un siffatto ricorso deve decorrere solo dal momento in cui detto ricorrente ha accesso a tutte le informazioni qualificate a torto come riservate.
Causa C-631/21 – Taxi Horn Tours BV – Sentenza della Corte del 10 novembre 2022
Argomenti: Direttiva 2014/24/UE – Nozione di “operatore economico” – Società in nome collettivo priva di personalità giuridica – Impresa comune o affidamento sulle capacità di altre persone associate – Obbligo di fornire uno o più documenti di gara unici europei (DGUE) – Finalità del DGUE
L’articolo 59, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 1, punto 10, e con l’articolo 63 di tale direttiva nonché con l’allegato 1 del regolamento di esecuzione (UE) 2016/7 della Commissione, del 5 gennaio 2016, che stabilisce il modello di formulario per il documento di gara unico europeo, deve essere interpretato nel senso che:
un’impresa comune, la quale, senza essere una persona giuridica, assume la forma di una società disciplinata dalla normativa nazionale di uno Stato membro, è iscritta nel registro di commercio di quest’ultimo, può essere stata costituita in modo tanto temporaneo quanto permanente e i cui soci sono tutti attivi sul suo stesso mercato e solidalmente responsabili della buona esecuzione degli obblighi da essa contratti, deve fornire all’amministrazione aggiudicatrice soltanto il proprio documento di gara unico europeo (DGUE) quando intenda partecipare, individualmente, ad una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico o presentare un’offerta se dimostra di poter eseguire l’appalto di cui trattasi utilizzando unicamente il proprio personale e il proprio materiale. Se, invece, per l’esecuzione di un appalto pubblico, tale impresa comune considera di dover fare appello alle risorse proprie di taluni soci, si deve ritenere che essa faccia affidamento sulle capacità di altri soggetti, ai sensi dell’articolo 63 della direttiva 2014/24, e deve allora presentare non soltanto il proprio DGUE, ma anche quello di ciascuno dei soci sulle capacità dei quali intende fare affidamento.
Causa C-486/21 – SHARENGO – Sentenza della Corte del 10 novembre 2022
Argomenti: Sistema pubblico di noleggio e uso condiviso di autoveicoli elettrici – Distinzione tra le nozioni di “concessioni di servizi” e di “appalti pubblici di forniture” – Direttiva 2014/23/UE – Articolo 5, punto 1, lettera b) – Articolo 20, paragrafo 4 – Nozione di “contratti misti” – Articolo 8 – Determinazione del valore di una concessione di servizi – Criteri – Articolo 27 – Articolo 38 – Direttiva 2014/24/UE – Articolo 2, paragrafo 1, punti 5 e 8 – Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1986 – Allegato XXI – Possibilità di imporre una condizione relativa alla registrazione di una particolare attività professionale in forza del diritto nazionale – Impossibilità di imporre tale condizione a tutti i membri di un’associazione temporanea di imprese – Regolamento (CE) n. 2195/2002 – Articolo 1, paragrafo 1 – Obbligo di fare esclusivo riferimento al “Vocabolario comune per gli appalti pubblici” nei documenti della concessione – Regolamento (CE) n. 1893/2006 – Articolo 1, paragrafo 2 – Impossibilità di fare riferimento alla classificazione “NACE Rev. 2” nei documenti della concessione
1) L’articolo 5, punto 1, lettera b), della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2019/1827 della Commissione, del 30 ottobre 2019, deve essere interpretato nel senso che:
costituisce una «concessione di servizi» l’operazione mediante la quale un’amministrazione aggiudicatrice intende affidare la creazione e la gestione di un servizio di noleggio e condivisione di veicoli elettrici a un operatore economico il cui contributo finanziario sia prevalentemente destinato all’acquisto di tali veicoli, e nella quale gli introiti di detto operatore economico proverranno principalmente dalle tariffe pagate dagli utenti del servizio in parola, dal momento che caratteristiche del genere sono tali da dimostrare che il rischio legato alla gestione dei servizi oggetto della concessione è stato trasferito a detto operatore economico.
2) L’articolo 8 della direttiva 2014/23, come modificata dal regolamento delegato 2019/1827, deve essere interpretato nel senso che:
per stabilire se sia raggiunta la soglia di applicabilità di tale direttiva, l’amministrazione aggiudicatrice deve stimare il «fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’[imposta sul valore aggiunto (IVA)]», tenendo conto delle tariffe che gli utenti pagheranno al concessionario, nonché dei contributi e dei costi che l’amministrazione aggiudicatrice sosterrà. Tuttavia, l’amministrazione aggiudicatrice può anche ritenere che la soglia prevista per l’applicazione della direttiva 2014/23, come modificata dal regolamento delegato 2019/1827, sia raggiunta quando gli investimenti e i costi che il concessionario deve sostenere, individualmente o unitamente all’amministrazione aggiudicatrice, per l’intero periodo di applicazione del contratto di concessione superano manifestamente tale soglia di applicabilità.
3) L’articolo 38, paragrafo 1, della direttiva 2014/23, come modificata dal regolamento delegato 2019/1827, in combinato disposto con l’allegato V, punto 7, lettera b), e con il considerando 4 di tale direttiva, nonché con l’articolo 4 e con l’allegato XXI, punto III.1.1, del regolamento di esecuzione (UE) 2015/1986 della Commissione, dell’11 novembre 2015, che stabilisce modelli di formulari per la pubblicazione di bandi e avvisi nel settore degli appalti pubblici e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) n. 842/2011, deve essere interpretato nel senso che:
un’amministrazione aggiudicatrice può esigere, a titolo di criteri di selezione e di valutazione qualitativa dei candidati, che gli operatori economici siano iscritti nel registro commerciale o nell’albo professionale, purché un operatore economico possa avvalersi della sua iscrizione in un analogo registro nello Stato membro in cui è stabilito.
4) L’articolo 38, paragrafo 1, della direttiva 2014/23, come modificata dal regolamento delegato 2019/1827, in combinato disposto con l’articolo 27 di tale direttiva e con l’articolo 1 del regolamento (CE) n. 2195/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, relativo al vocabolario comune per gli appalti pubblici (CPV), deve essere interpretato nel senso che:
esso osta a che un’amministrazione aggiudicatrice, la quale imponga agli operatori economici l’iscrizione nel registro commerciale o nell’albo professionale di uno Stato membro dell’Unione europea, faccia riferimento non già al vocabolario comune per gli appalti pubblici (CPV) costituito da codici CPV, bensì alla classificazione NACE Rev. 2, quale stabilita dal regolamento (CE) n. 1893/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, che definisce la classificazione statistica delle attività economiche NACE Revisione 2 e modifica il regolamento (CEE) n. 3037/90 del Consiglio nonché alcuni regolamenti (CE) relativi a settori statistici specifici.
5) L’articolo 38, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2014/23, come modificata dal regolamento delegato 2019/1827, in combinato disposto con l’articolo 26, paragrafo 2, di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che:
un’amministrazione aggiudicatrice non può, senza violare il principio di proporzionalità garantito dall’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, di detta direttiva, esigere che ciascuno dei membri di un’associazione temporanea di imprese sia iscritto, in uno Stato membro, nel registro commerciale o nell’albo professionale ai fini dell’esercizio dell’attività di noleggio e leasing di automobili e autoveicoli leggeri.
Cause riunite C-68/21 e C 84/21 – Iveco Orecchia SpA – Sentenza della Corte del 27 ottobre 2022
Argomenti: Settori speciali (Direttiva 2014/25/UE) – Direttiva 2007/46/CE (omologazione veicoli a motore) – Specifiche tecniche – Fornitura di pezzi di ricambio equivalenti agli originali di una marca specifica – Assenza di prova dell’omologazione – Dichiarazione di equivalenza all’originale resa dall’offerente – Inammissibilità – Nozione di “costruttore”
1) L’articolo 10, paragrafo 2, l’articolo 19, paragrafo 1, e l’articolo 28, paragrafo 1, della direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (direttiva quadro), devono essere interpretati nel senso che:
essi ostano a che un’amministrazione aggiudicatrice possa accettare, nell’ambito di una gara d’appalto avente ad oggetto la fornitura di componenti di ricambio per autobus destinati al servizio pubblico, un’offerta con cui vengono proposti componenti rientranti in un tipo di componente contemplato dagli atti normativi di cui all’allegato IV alla direttiva 2007/46, non accompagnata da un certificato che attesti l’omologazione di tale tipo di componente né da informazioni sull’effettiva esistenza di tale omologazione, a condizione che tali atti normativi prevedano una siffatta omologazione.
2) Gli articoli 60 e 62 della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE, devono essere interpretati nel senso che:
alla luce della definizione del termine «costruttore» di cui all’articolo 3, punto 27, della direttiva 2007/46, essi ostano a che un ente aggiudicatore, nell’ambito di una gara d’appalto avente ad oggetto la fornitura di componenti di ricambio per autobus destinati al servizio pubblico, possa accettare, come prova dell’equivalenza dei componenti contemplati dagli atti normativi di cui all’allegato IV alla direttiva 2007/46 e proposti dall’offerente, una dichiarazione di equivalenza rilasciata dall’offerente stesso, quando quest’ultimo non può essere considerato come il costruttore di tali componenti.
C-416/21 – J. Sch. Omnibusunternehmen e K. Reisen – Sentenza della Corte del 15 settembre 2022
Argomenti: Direttiva 2014/24/UE – Articolo 57, paragrafo 4, primo comma, lettera d) – Motivi di esclusione facoltativi – Accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza – Direttiva 2014/25/UE – Articolo 36, paragrafo 1 – Principi di proporzionalità e di parità di trattamento degli offerenti – Articolo 80, paragrafo 1 – Uso dei motivi di esclusione e dei criteri di selezione di cui alla direttiva 2014/24/UE – Offerenti che costituiscono un’unità economica che hanno presentato offerte separate non autonome né indipendenti – Necessità di elementi sufficientemente plausibili per dimostrare una violazione dell’articolo 101 TFUE
1) L’articolo 57, paragrafo 4, primo comma, lettera d) (…) in combinato disposto con l’articolo 80, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2017/2364 della Commissione, del 18 dicembre 2017, deve essere interpretato nel senso che: il motivo di esclusione facoltativo di cui a tale articolo 57, paragrafo 4, primo comma, lettera d), riguarda i casi in cui esistono indizi sufficientemente plausibili per concludere che operatori economici hanno sottoscritto un accordo vietato dall’articolo 101 TFUE, ma non è limitato ai soli accordi previsti da quest’ultimo articolo.
2) L’articolo 57, paragrafo 4, della direttiva 2014/24, come modificata dal regolamento delegato 2017/2365, in combinato disposto con l’articolo 80, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2014/25, come modificata dal regolamento delegato 2017/2364, deve essere interpretato nel senso che:
tale articolo 57, paragrafo 4, disciplina in modo esaustivo i motivi di esclusione facoltativi idonei a giustificare l’esclusione di un operatore economico dalla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di appalto per ragioni fondate su elementi oggettivi relativi alle sue qualità professionali nonché a un conflitto di interessi o a una distorsione della concorrenza che sorgerebbe dalla sua partecipazione a tale procedura. Tuttavia, detto articolo 57, paragrafo 4, non impedisce che il principio della parità di trattamento, previsto all’articolo 36, paragrafo 1, della direttiva 2014/25, come modificata dal regolamento delegato 2017/2364, possa ostare all’aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi ad operatori economici che formano un’unità economica e le cui offerte, benché presentate separatamente, non sono né autonome né indipendenti.
C-669/20 – Veridos – Sentenza della Corte del 15 settembre 2022
Argomenti: Direttiva 2009/81/CE – Coordinamento delle procedure per l’aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza – Articoli 38 e 49 – Obbligo di verificare l’esistenza di un’offerta anormalmente bassa – Criterio di valutazione del carattere anormalmente basso di un offerta previsto da una normativa nazionale – Inapplicabilità – Requisito della presenza di almeno tre offerte – Criterio fondato sul requisito secondo cui un’offerta sia più vantaggiosa di almeno il 20% rispetto al valore medio delle offerte presentate dagli altri offerenti – Sindacato giurisdizionale
1) Gli articoli 38 e 49 della direttiva 2009/81/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa al coordinamento delle procedure per l’aggiudicazione di taluni appalti di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza da parte delle amministrazioni aggiudicatrici/degli enti aggiudicatori, e recante modifica delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che: le amministrazioni aggiudicatrici, in caso di sospetto di offerta anormalmente bassa, sono tenute a verificare l’effettiva sussistenza di tale carattere anormalmente basso prendendo in considerazione tutti gli elementi pertinenti del bando di gara e del capitolato d’oneri, senza che l’impossibilità di applicare i criteri stabiliti a tal fine da una normativa nazionale e il numero di offerte presentate abbiano rilevanza al riguardo.
2) L’articolo 55, paragrafo 2, della direttiva 2009/81, in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che: qualora un’amministrazione aggiudicatrice non abbia avviato una procedura di verifica in merito all’eventuale carattere anormalmente basso di un’offerta, in quanto ha ritenuto che nessuna delle offerte presentatele avesse un carattere siffatto, la sua valutazione può formare oggetto di un controllo giurisdizionale nell’ambito di un ricorso contro la decisione di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi.
C-332/20 – Roma Multiservizi e Rekeep – Sentenza della Corte del 1° agosto 2022
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato
Argomenti: Appalti pubblici – Contratti di concessione – Costituzione di una società a capitale misto – Aggiudicazione a tale società della gestione di un “servizio scolastico integrato” – Designazione del socio privato in base a una procedura di appalto – Direttiva 2014/23/UE – Articolo 38 – Direttiva 2014/24/UE – Articolo 58 – Applicabilità – Criteri in house – Requisito di una partecipazione minima del socio privato al capitale della società a capitale misto – Partecipazione indiretta dell’amministrazione aggiudicatrice al capitale del socio privato – Criteri di selezione
L’articolo 58 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2017/2365 della Commissione, del 18 dicembre 2017, deve essere interpretato nel senso che un’amministrazione aggiudicatrice può escludere un operatore economico dalla procedura volta, da un lato, a costituire una società a capitale misto e, dall’altro, ad aggiudicare a tale società un appalto pubblico di servizi, qualora tale esclusione sia giustificata dal fatto che, a causa della partecipazione indiretta di tale amministrazione aggiudicatrice al capitale di tale operatore economico, la partecipazione massima della suddetta amministrazione aggiudicatrice al capitale di detta società, così come stabilita dai documenti di gara, sarebbe di fatto superata se questa stessa amministrazione aggiudicatrice scegliesse il suddetto operatore economico come proprio socio, a condizione che un simile superamento comporti un aumento del rischio economico a carico della stessa amministrazione aggiudicatrice.
2) L’articolo 38 della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2017/2366 della Commissione, del 18 dicembre 2017, deve essere interpretato nel senso che un’amministrazione aggiudicatrice può escludere un operatore economico dalla procedura volta, da un lato, a costituire una società a capitale misto e, dall’altro, ad aggiudicare a tale società una concessione di servizi, qualora tale esclusione sia giustificata dal fatto che, a causa della partecipazione indiretta di tale amministrazione aggiudicatrice al capitale di tale operatore economico, la partecipazione massima della suddetta amministrazione aggiudicatrice al capitale di detta società, così come stabilita dai documenti di gara, sarebbe di fatto superata se questa stessa amministrazione aggiudicatrice scegliesse il suddetto operatore economico come proprio socio, a condizione che un simile superamento comporti un aumento del rischio economico a carico della stessa amministrazione aggiudicatrice.
C-213/21 e C-214/21 – Italy Emergenza Cooperativa Sociale – Sentenza della Corte del 7 luglio 2022
Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Consiglio di Stato
Argomenti: Direttiva 2014/24/UE – Ambito di applicazione – Articolo 10, lettera h) – Esclusioni specifiche per gli appalti di servizi – Servizi di difesa civile, di protezione civile e di prevenzione contro i pericoli – Organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro – Servizio di ambulanza qualificato come servizio di urgenza – Organizzazioni di volontariato – Cooperative sociali
L’articolo 10, lettera h), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che prevede che servizi di trasporto sanitario di urgenza ed emergenza possano essere attribuiti mediante convenzione, in via prioritaria, soltanto a organizzazioni di volontariato e non a cooperative sociali che possono distribuire ai soci ristorni correlati alle loro attività.
Causa C-376/21 – Obshtina Razlog – Sentenza della Corte del 16 giugno 2022
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Varhoven administrativen sad
Argomenti: Regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 – Inapplicabilità agli appalti pubblici aggiudicati da Stati membri e finanziati con risorse provenienti dai fondi strutturali e di investimento europei – Direttiva 2014/24/UE – Rinvio diretto ed incondizionato nella normativa nazionale a disposizioni del diritto dell’Unione – Applicabilità ad un appalto il cui valore stimato è inferiore alla soglia stabilita dalla direttiva – Articolo 32, paragrafo 2, lettera a) – Facoltà dell’amministrazione aggiudicatrice di invitare un unico operatore economico a partecipare a una procedura negoziata senza previa pubblicazione, dopo aver accertato l’infruttuosità di una precedente procedura aperta – Obbligo di conservare le condizioni iniziali dell’appalto senza introdurre modifiche sostanziali
L’articolo 160, paragrafi 1 e 2, del regolamento (UE, Euratom) 2018/1046 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 luglio 2018, che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell’Unione (…) devono essere interpretati nel senso che essi non si applicano alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici organizzate dalle amministrazioni aggiudicatrici degli Stati membri, anche quando tali appalti sono finanziati con risorse provenienti dai fondi strutturali e di investimento europei.
L’articolo 32, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici (…) deve essere interpretato nel senso che un’amministrazione aggiudicatrice può, nell’ambito di una procedura negoziata senza previa pubblicazione, rivolgersi ad un unico operatore economico nel caso in cui tale procedura riprenda, senza modifiche sostanziali, le condizioni iniziali dell’appalto menzionate in una precedente procedura aperta che è stata chiusa con la motivazione che l’unica offerta presentata era inappropriata, quand’anche l’oggetto dell’appalto in questione non presenti obiettivamente alcuna specificità che giustifichi l’affidamento della sua esecuzione in via esclusiva a tale operatore.
Causa C-719/20 (Comune di Lerici) – Sentenza della Corte del 12 maggio 2022
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato
Argomenti: Direttiva 2014/24/UE – Articoli 12 e 72 – Gestione dei rifiuti – Affidamento “in houseˮ – Perdita delle condizioni di “controllo analogo” a seguito di un’aggregazione d’imprese – Possibilità per l’operatore economico succeduto di proseguire la prestazione di servizi
La direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa o a una prassi nazionale in forza della quale l’esecuzione di un appalto pubblico, aggiudicato inizialmente, senza gara, ad un ente «in house», sul quale l’amministrazione aggiudicatrice esercitava, congiuntamente, un controllo analogo a quello che esercita sui propri servizi, sia proseguita automaticamente dall’operatore economico che ha acquisito detto ente, al termine di una procedura di gara, qualora detta amministrazione aggiudicatrice non disponga di un simile controllo su tale operatore e non detenga alcuna partecipazione nel suo capitale.
Causa C-642/20 (Caruter Srl) – Sentenza della Corte del 28 aprile 2022
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana
Argomenti: Direttiva 2014/24/UE – Articolo 63 – Affidamento da parte di un raggruppamento di operatori economici sulle capacità di altri soggetti (avvalimento) – Possibilità per l’amministrazione aggiudicatrice di esigere che taluni compiti essenziali siano svolti da un partecipante a tale raggruppamento – Normativa nazionale secondo la quale l’impresa mandataria deve possedere i requisiti ed eseguire le prestazioni in misura maggioritaria
L’articolo 63 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale secondo la quale l’impresa mandataria di un raggruppamento di operatori economici partecipante a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico deve possedere i requisiti previsti nel bando di gara ed eseguire le prestazioni di tale appalto in misura maggioritaria.
Causa C-195/21 (LB) – Sentenza della Corte del 31 marzo 2022
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale distrettuale di Lukovit, Bulgaria
Argomenti: Direttiva 2014/24/UE – Applicabilità ad una situazione puramente interna – Articolo 58, paragrafi 1 e 4 – Criteri di selezione – Capacità tecniche e professionali degli offerenti – Tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea – Regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 – Articolo 8, paragrafo 3 – Misure di controllo – Facoltà delle autorità nazionali preposte alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione di valutare in modo diverso la procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico
L’articolo 58, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2017/2365 della Commissione, del 18 dicembre 2017, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che, nell’ambito della procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, l’amministrazione aggiudicatrice possa imporre, come criteri di selezione relativi alle capacità tecniche e professionali degli operatori economici, requisiti più rigorosi rispetto a quelli minimi stabiliti dalla normativa nazionale, purché siffatti requisiti siano adeguati per assicurare che un candidato o un offerente abbia le competenze tecniche e professionali necessarie per eseguire l’appalto da aggiudicare, siano attinenti all’oggetto dell’appalto e siano proporzionati a quest’ultimo.
L’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento (CE, Euratom) n. 2988/95 del Consiglio, del 18 dicembre 1995, relativo alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità, in combinato disposto con il regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, deve essere interpretato nel senso che, fatto salvo il principio di proporzionalità, esso non osta a che le autorità nazionali preposte alla tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea valutino in modo diverso le stesse circostanze in una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico.
ANNO 2021
Causa C-497/20 (Randstad Italia SpA) – Sentenza della Corte del 21 dicembre 2021
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione
Argomenti: Sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa di uno Stato membro che, in violazione della giurisprudenza della Corte, dichiara irricevibile il ricorso di un offerente escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico – Mancanza di rimedi giurisdizionali avverso tale sentenza dinanzi all’organo giurisdizionale supremo di tale Stato membro – Principi di effettività e di equivalenza.
L’articolo 4, paragrafo 3, e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, nonché l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una disposizione del diritto interno di uno Stato membro che, secondo la giurisprudenza nazionale, produce l’effetto che i singoli, quali gli offerenti che hanno partecipato a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, non possono contestare la conformità al diritto dell’Unione di una sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa di tale Stato membro nell’ambito di un ricorso dinanzi all’organo giurisdizionale supremo di detto Stato membro.
Causa C-598/19 (Conacee) – Sentenza della Corte del 6 ottobre 2021
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte superiore di giustizia dei Paesi Baschi, Spagna
Argomenti: Aggiudicazione degli appalti pubblici – Direttiva 2014/24/UE – Articolo 20 – Appalti riservati – Normativa nazionale che riserva ai centri speciali per l’impiego di iniziativa sociale il diritto di partecipare a talune procedure di appalto pubblico – Requisiti aggiuntivi non previsti dalla direttiva – Principi di parità di trattamento e di proporzionalità
L’articolo 20, paragrafo 1, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che non osta a che uno Stato membro imponga condizioni supplementari rispetto a quelle previste da tale disposizione, escludendo in tal modo dalle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici riservati taluni operatori economici che soddisfano le condizioni previste dalla suddetta disposizione, fatto salvo il rispetto, da parte di tale Stato membro, dei principi di parità di trattamento e di proporzionalità.
Causa C-561/19 (Consorzio Italian Management)
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato
Argomenti: Rinvio pregiudiziale – Articolo 267 TFUE – Portata dell’obbligo di rinvio dei giudici nazionali di ultima istanza – Eccezioni a tale obbligo – Criteri – Questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevata dalle parti nel procedimento nazionale dopo che la Corte ha pronunciato una sentenza pregiudiziale in tale procedimento – Mancanza di precisazioni riguardo ai motivi che giustificano la necessità di una risposta alle questioni pregiudiziali – Irricevibilità parziale della domanda di pronuncia pregiudiziale
L’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi ricorso giurisdizionale di diritto interno deve adempiere il proprio obbligo di sottoporre alla Corte una questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevata dinanzi ad esso, a meno che constati che tale questione non è rilevante o che la disposizione di diritto dell’Unione di cui trattasi è già stata oggetto d’interpretazione da parte della Corte o che la corretta interpretazione del diritto dell’Unione s’impone con tale evidenza da non lasciare adito a ragionevoli dubbi.
La configurabilità di siffatta eventualità deve essere valutata in funzione delle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, delle particolari difficoltà che la sua interpretazione presenta e del rischio di divergenze giurisprudenziali in seno all’Unione.
Tale giudice non può essere esonerato da detto obbligo per il solo motivo che ha già adito la Corte in via pregiudiziale nell’ambito del medesimo procedimento nazionale.
Tuttavia, esso può astenersi dal sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte per motivi d’irricevibilità inerenti al procedimento dinanzi a detto giudice, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività.
Causa C-927/19 (Klaipėdos regiono atliekų tvarkymo centras UAB) – Sentenza della Corte del 7 settembre 2021
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di Lituania
Argomenti: Direttiva 2014/24/UE – Articolo 58, paragrafi 3 e 4 – Articolo 60, paragrafi 3 e 4 – Allegato XII – Svolgimento delle procedure di aggiudicazione – Scelta dei partecipanti – Criteri di selezione – Mezzi di prova – Capacità economica e finanziaria degli operatori economici – Possibilità per il capofila di un’associazione temporanea di imprese di avvalersi degli introiti ricavati da un appalto pubblico precedente rientrante nello stesso settore dell’appalto di cui al procedimento principale, anche quando questi non esercitava esso stesso l’attività rientrante nel settore oggetto dell’appalto di cui al procedimento principale – Capacità tecniche e professionali degli operatori economici – Carattere esaustivo dei mezzi di prova ammessi dalla direttiva – Articolo 57, paragrafo 4, lettera h), nonché paragrafi 6 e 7 – Aggiudicazione di appalti pubblici di servizi – Motivi di esclusione facoltativi dalla partecipazione a una procedura di aggiudicazione di un appalto – Iscrizione in un elenco di operatori economici esclusi dalle procedure di aggiudicazione di appalti – Solidarietà tra i membri di un’associazione temporanea di imprese – Carattere personale della sanzione – Articolo 21 – Tutela della riservatezza delle informazioni trasmesse all’amministrazione aggiudicatrice da un operatore economico – Direttiva (UE) 2016/943 – Articolo 9 – Riservatezza – Tutela dei segreti commerciali – Applicabilità alle procedure di aggiudicazione di appalti – Direttiva 89/665/CEE – Articolo 1 – Diritto a un ricorso effettivo
1) L’articolo 58 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, deve essere interpretato nel senso che l’obbligo, per gli operatori economici, di dimostrare di realizzare un determinato fatturato medio annuo nel settore di attività oggetto dell’appalto pubblico di cui trattasi costituisce un criterio di selezione relativo alla capacità economica e finanziaria di tali operatori, ai sensi del paragrafo 3 di tale disposizione.
2) Il combinato disposto dell’articolo 58, paragrafo 3, e dell’articolo 60, paragrafo 3, della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che, nell’ipotesi in cui l’amministrazione aggiudicatrice ha preteso che gli operatori economici abbiano realizzato un determinato fatturato minimo nel settore oggetto dell’appalto pubblico di cui trattasi, un operatore economico può avvalersi, al fine di fornire la prova della sua capacità economica e finanziaria, degli introiti ricavati da un raggruppamento temporaneo di imprese del quale ha fatto parte, soltanto se ha effettivamente contribuito, nell’ambito di un determinato appalto pubblico, alla realizzazione di un’attività di tale raggruppamento analoga a quella oggetto dell’appalto pubblico per il quale detto operatore intende dimostrare la propria capacità economica e finanziaria.
3) L’articolo 58, paragrafo 4, nonché gli articoli 42 e 70 della direttiva 2014/24 devono essere interpretati nel senso che possono applicarsi contemporaneamente a una prescrizione tecnica contenuta in un bando di gara.
4) L’articolo 1, paragrafo 1, quarto comma, l’articolo 1, paragrafi 3 e 5, e l’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, devono essere interpretati nel senso che la decisione di un’amministrazione aggiudicatrice che rifiuta di comunicare a un operatore economico le informazioni considerate riservate contenute nel fascicolo di candidatura o nell’offerta di un altro operatore economico costituisce un atto che può formare oggetto di ricorso e che, qualora lo Stato membro nel cui territorio si svolge la procedura di aggiudicazione dell’appalto pubblico di cui trattasi abbia previsto che chiunque intenda contestare una decisione adottata dall’amministrazione aggiudicatrice è tenuto a proporre un ricorso amministrativo prima di adire un giudice, tale Stato membro può altresì prevedere che un ricorso giurisdizionale avverso tale decisione che rifiuta l’accesso debba essere preceduto da un siffatto ricorso amministrativo preliminare.
5) L’articolo 1, paragrafo 1, quarto comma, e l’articolo 1, paragrafi 3 e 5, della direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 2014/23, nonché l’articolo 21 della direttiva 2014/24, letto alla luce del principio generale di diritto dell’Unione di buona amministrazione, devono essere interpretati nel senso che un’amministrazione aggiudicatrice, alla quale un operatore economico abbia presentato una richiesta di comunicazione delle informazioni considerate riservate contenute nell’offerta di un concorrente al quale è stato aggiudicato l’appalto, non è tenuta a comunicare tali informazioni qualora la loro trasmissione comporti una violazione delle norme del diritto dell’Unione relative alla tutela delle informazioni riservate, e questo anche nel caso in cui la richiesta dell’operatore economico sia presentata nell’ambito di un ricorso di tale medesimo operatore vertente sulla legittimità della valutazione, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, dell’offerta del concorrente. Qualora rifiuti di trasmettere tali informazioni o qualora, opponendo un siffatto rifiuto, respinga il ricorso amministrativo presentato da un operatore economico in merito alla legittimità della valutazione dell’offerta del concorrente interessato, l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta a effettuare un bilanciamento tra il diritto del richiedente a una buona amministrazione e il diritto del concorrente alla tutela delle sue informazioni riservate in modo che la sua decisione di rifiuto o la sua decisione di rigetto siano motivate e il diritto ad un ricorso efficace di cui beneficia un offerente escluso non venga privato di effetto utile.
6) L’articolo 1, paragrafo 1, quarto comma, e l’articolo 1, paragrafi 3 e 5, della direttiva 89/665, come modificata dalla direttiva 2014/23, nonché l’articolo 21 della direttiva 2014/24, letti alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che il giudice nazionale competente chiamato a pronunciarsi su un ricorso avverso la decisione di un’amministrazione aggiudicatrice che rifiuta di comunicare a un operatore economico informazioni considerate riservate contenute nella documentazione trasmessa dal concorrente al quale l’appalto è stato aggiudicato, o su un ricorso avverso la decisione di un’amministrazione aggiudicatrice che ha respinto il ricorso amministrativo proposto avverso siffatta decisione di rifiuto, è tenuto a effettuare un bilanciamento tra il diritto del richiedente di beneficiare di un ricorso effettivo e il diritto del suo concorrente alla tutela delle sue informazioni riservate e dei suoi segreti commerciali. A tal fine, detto giudice, che deve necessariamente disporre delle informazioni richieste, comprese le informazioni riservate e i segreti commerciali, per essere in grado di pronunciarsi con piena cognizione di causa sulla comunicabilità di dette informazioni, deve procedere a un esame di tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti. Esso deve inoltre poter annullare la decisione di rifiuto o la decisione recante rigetto del ricorso amministrativo se queste ultime sono illegittime e, se del caso, rinviare la causa dinanzi all’amministrazione aggiudicatrice, o adottare esso stesso una nuova decisione qualora il suo diritto nazionale lo autorizzi a farlo.
7) L’articolo 57, paragrafo 4, della direttiva 2014/24 deve essere interpretato nel senso che un giudice nazionale, chiamato a pronunciarsi su una controversia tra un operatore economico escluso dall’aggiudicazione di un appalto e un’amministrazione aggiudicatrice, può discostarsi dalla valutazione effettuata da quest’ultima sulla liceità del comportamento dell’operatore economico al quale l’appalto è stato aggiudicato e, pertanto, trarne tutte le conseguenze necessarie nella sua decisione. Per contro, conformemente al principio di equivalenza, tale giudice può rilevare d’ufficio il motivo vertente sull’errore di valutazione commesso dall’amministrazione aggiudicatrice soltanto se il diritto nazionale lo consente.
8) L’articolo 63, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2014/24, in combinato disposto con l’articolo 57, paragrafi 4 e 6, di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale in forza della quale, qualora un operatore economico, membro di un raggruppamento di operatori economici, si sia reso colpevole di false dichiarazioni fornendo le informazioni richieste per la verifica dell’assenza di motivi di esclusione del raggruppamento o della soddisfazione da parte di quest’ultimo dei criteri di selezione, senza che i suoi partner abbiano avuto conoscenza di tale falsa dichiarazione, è possibile pronunciare un provvedimento di esclusione da qualsiasi procedura di aggiudicazione di appalti pubblici nei confronti di tutti i membri di tale raggruppamento.
Cause riunite C-721/19 e C-722/19 (Sisal SpA) – Sentenza della Corte del 2 settembre 2021
Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Consiglio di Stato
Argomenti: Articoli 49 e 56 TFUE – Libera prestazione dei servizi – Restrizioni – Direttiva 2014/23/UE – Procedure di aggiudicazione dei contratti di concessione – Articolo 43 – Modifiche sostanziali – Lotterie a estrazione istantanea – Normativa nazionale che prevede il rinnovo di una concessione senza una nuova gara d’appalto – Direttiva 89/665/CEE – Articolo 1, paragrafo 3 – Interesse ad agire
1) Il diritto dell’Unione, e, in particolare, l’articolo 43, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che impone il rinnovo di un contratto di concessione senza una nuova procedura di aggiudicazione, in circostanze in cui esso è stato aggiudicato a un solo concessionario, mentre il diritto nazionale applicabile prevedeva che una tale concessione dovesse essere aggiudicata, in linea di principio, a più operatori economici, quattro al massimo, quando tale normativa nazionale costituisce l’attuazione di una clausola contenuta nel contratto di concessione originario che prevedeva l’opzione di un tale rinnovo.
2) Il diritto dell’Unione, e, in particolare, l’articolo 43, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2014/23, dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che prevede, da un lato, che il rinnovo di una concessione sia deciso due anni prima della sua scadenza e, dall’altro, una modifica delle modalità di pagamento del corrispettivo finanziario dovuto dal concessionario, quali stabilite nel contratto di concessione originario, in modo da garantire allo Stato nuove e maggiori entrate di bilancio, quando tale modifica non è sostanziale, ai sensi dell’articolo 43, paragrafo 4, di detta direttiva.
3) L’articolo 43, paragrafo 4, della direttiva 2014/23 e l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, quale modificata dalla direttiva 2014/23, devono essere interpretati nel senso che un operatore economico può proporre un ricorso contro una decisione di rinnovo di una concessione per il fatto che le condizioni di esecuzione del contratto di concessione originario sono state sostanzialmente modificate, pur non avendo partecipato alla procedura di aggiudicazione originaria di tale concessione, a condizione che, nel momento in cui la concessione dev’essere rinnovata, possa dimostrare un interesse ad ottenere tale concessione.
Causa C-295/20 Sanresa UAB – Sentenza della Corte dell’8 luglio 2021
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di Lituania
Argomenti: Appalti pubblici – Aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi di trattamento di rifiuti – Direttiva 2014/24/UE – Articoli 58 e 70 – Qualificazione dell’obbligo per l’operatore di essere titolare di un’autorizzazione scritta preventiva per le spedizioni di rifiuti transfrontalieri – Condizione di esecuzione dell’appalto
1) L’articolo 18, paragrafo 2, nonché gli articoli 58 e 70 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che, nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi di gestione di rifiuti, l’obbligo, per un operatore economico che intenda spedire rifiuti da uno Stato membro a un altro Stato, di disporre, conformemente in particolare all’articolo 2, punto 35, e all’articolo 3 del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, relativo alle spedizioni di rifiuti, dell’autorizzazione delle autorità competenti degli Stati interessati da tale spedizione costituisce una condizione di esecuzione di tale appalto.
2) L’articolo 70 della direttiva 2014/24, in combinato disposto con l’articolo 18, paragrafo 1, di tale direttiva, deve essere interpretato nel senso che osta a che un’offerta sia respinta per il solo motivo che l’offerente non fornisce, al momento della presentazione della sua offerta, la prova che esso soddisfa una condizione di esecuzione dell’appalto in questione.
Causa C-23/20 Simonsen & Weel A/S – Sentenza della Corte del 17 giugno 2021
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Commissione di ricorso in materia di appalti pubblici della Danimarca
Argomenti: Appalti pubblici – Accordo quadro – Direttiva 2014/24/UE – Articolo 5, paragrafo 5 – Articolo 18, paragrafo 1 – Articoli 33 e 49 – Allegato V, parte C, punti 7, 8 e 10 – Regolamento di esecuzione (UE) 2015/1986 – Allegato II, rubriche II.1.5 e II.2.6 – Procedure di aggiudicazione di appalti – Obbligo di indicare, nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, da un lato, la quantità stimata o il valore stimato e, dall’altro, la quantità massima o il valore massimo dei prodotti da fornire nell’ambito di un accordo quadro – Principi di trasparenza e di parità di trattamento – Direttiva 89/665/CEE – Articolo 2 quinquies, paragrafo 1 – Procedure di ricorso in materia di aggiudicazione di appalti pubblici – Assenza di effetti del contratto – Esclusione
1) L’articolo 49 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, i punti 7 e 8 nonché il punto 10, lettera a), della parte C dell’allegato V di tale direttiva, in combinato disposto con l’articolo 33 di detta direttiva e con i principi di parità di trattamento e di trasparenza sanciti dall’articolo 18, paragrafo 1, di quest’ultima, devono essere interpretati nel senso che il bando di gara deve indicare la quantità e/o il valore stimato nonché una quantità e/o un valore massimo dei prodotti da fornire in forza di un accordo quadro e che, una volta raggiunto tale limite, detto accordo quadro avrà esaurito i suoi effetti.
2) L’articolo 49 della direttiva 2014/24 nonché il punto 7 e il punto 10, lettera a), della parte C dell’allegato V di tale direttiva, in combinato disposto con l’articolo 33 di detta direttiva e con i principi di parità di trattamento e di trasparenza sanciti dall’articolo 18, paragrafo 1, di quest’ultima, devono essere interpretati nel senso che il bando di gara deve indicare la quantità e/o il valore stimato nonché una quantità e/o un valore massimo dei prodotti da fornire in forza di un accordo quadro complessivamente e che tale bando può fissare requisiti ulteriori che l’amministrazione aggiudicatrice decida di aggiungervi.
3) L’articolo 2 quinquies, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, dev’essere interpretato nel senso che esso non è applicabile nell’ipotesi in cui un bando di gara sia stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, anche se, da un lato, la quantità stimata e/o il valore stimato dei prodotti da fornire in forza dell’accordo quadro previsto risulta non già da tale bando di gara, bensì dal capitolato d’oneri e, dall’altro, né detto bando di gara né tale capitolato d’oneri menzionano una quantità massima e/o un valore massimo dei prodotti da fornire in forza di detto accordo quadro.
Causa C-210/20 (Rad Service Srl Unipersonale) – Sentenza della Corte del 3 giugno 2021
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato
Argomenti: Procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi – Direttiva 2014/24/UE – Svolgimento della procedura – Scelta dei partecipanti e aggiudicazione degli appalti – Articolo 63 – Avvalimento – Articolo 57, paragrafi 4, 6 e 7 – Dichiarazioni non veritiere presentate dall’impresa ausiliaria – Esclusione di detto offerente senza imporgli o consentirgli di sostituire tale soggetto – Principio di proporzionalità
L’articolo 63 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, in combinato disposto con l’articolo 57, paragrafo 4, lettera h), di tale direttiva e alla luce del principio di proporzionalità, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale in forza della quale l’amministrazione aggiudicatrice deve automaticamente escludere un offerente da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico qualora un’impresa ausiliaria, sulle cui capacità esso intende fare affidamento, abbia reso una dichiarazione non veritiera quanto all’esistenza di condanne penali passate in giudicato, senza poter imporre o quantomeno permettere, in siffatta ipotesi, a tale offerente di sostituire detto soggetto.
Causa C-6/20 (Sotsiaalministeerium) – Sentenza della Corte del 20 maggio 2021
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte di appello di Tallinn, Estonia
Argomenti: Appalti pubblici di forniture – Direttiva 2004/18/CE – Articoli 2 e 46 – Progetto finanziato dal Fondo di aiuti europei agli indigenti – Criteri di selezione degli offerenti – Regolamento (CE) n.° 852/2004 – Articolo 6 – Requisito della registrazione o del riconoscimento presso l’autorità nazionale per la sicurezza alimentare del paese di esecuzione dell’appalto
Gli articoli 2 e 46 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale in forza della quale l’amministrazione aggiudicatrice deve esigere, in un bando di gara e quale criterio di selezione qualitativa, che gli offerenti forniscano la prova, sin dal deposito della loro offerta, di disporre di una registrazione o di un riconoscimento richiesti dalla normativa applicabile all’attività oggetto dell’appalto pubblico di cui trattasi e rilasciata dall’autorità competente dello Stato membro di esecuzione dell’appalto, ove siano già in possesso di una registrazione o un riconoscimento analoghi nello Stato membro nel quale sono stabiliti.
2) Il principio della tutela del legittimo affidamento deve essere interpretato nel senso che non può essere invocato da un’amministrazione aggiudicatrice che, nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, per conformarsi alla normativa nazionale relativa ai prodotti alimentari, abbia imposto agli offerenti di disporre, sin dalla presentazione della loro offerta, di una registrazione o di un riconoscimento rilasciati dall’autorità competente dello Stato membro di esecuzione dell’appalto.
Causa C-771/19 (NAMA) – Sentenza della Corte del 24 marzo 2021
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato della Grecia
Argomenti: Aggiudicazione di appalti nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni – Direttiva 92/13/CEE – Procedure di ricorso – Fase precontrattuale – Valutazione delle offerte – Rigetto di un’offerta tecnica e ammissione dell’offerta del concorrente – Sospensione dell’esecuzione di tale atto – Interesse legittimo dell’offerente escluso di contestare la regolarità dell’offerta dell’aggiudicatario
L’articolo 1, paragrafi 1 e 3, l’articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b), nonché l’articolo 2 bis, paragrafo 2, della direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, devono essere interpretati nel senso che un offerente che sia stato escluso da una procedura di gara in un appalto pubblico in uno stadio precedente alla fase di aggiudicazione di tale appalto e la cui domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione che lo ha escluso da tale procedura sia stata respinta, può invocare, nella sua domanda di sospensione dell’esecuzione della decisione di ammissione dell’offerta di un altro offerente, presentata contemporaneamente, tutti i motivi attinenti alla violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o di norme nazionali che traspongono tale diritto, ivi compresi motivi che non presentano connessione con le irregolarità in base alle quali la sua offerta è stata esclusa. Tale facoltà non è influenzata dal fatto che il ricorso amministrativo precontenzioso dinanzi a un organo nazionale indipendente che, secondo il diritto nazionale, doveva essere previamente presentato da tale offerente contro la decisione della sua esclusione sia stato respinto, purché tale rigetto non abbia acquisito autorità di cosa giudicata.
Causa C-387/19 (RTS infra BVBA) – Sentenza della Corte del 14 gennaio 2021
Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato del Belgio
Argomenti: Appalti pubblici – Direttiva 2014/24/UE – Articolo 57, paragrafo 6 – Motivi di esclusione facoltativi – Misure adottate dall’operatore economico al fine di dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza di un motivo di esclusione facoltativo – Obbligo dell’operatore economico di fornire la prova di tali misure di propria iniziativa – Effetto diretto
1) L’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, come modificata dal regolamento delegato (UE) 2015/2170 della Commissione, del 24 novembre 2015, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una prassi in forza della quale un operatore economico è tenuto a fornire spontaneamente, al momento della presentazione della sua domanda di partecipazione o della sua offerta, la prova dei provvedimenti di ravvedimento operoso adottati per dimostrare la sua affidabilità nonostante l’esistenza, nei suoi confronti, di un motivo di esclusione facoltativo di cui all’articolo 57, paragrafo 4, di detta direttiva, come modificata dal regolamento delegato 2015/2170, qualora un simile obbligo non risulti né dalla normativa nazionale applicabile né dai documenti di gara. Per contro, l’articolo 57, paragrafo 6, di detta direttiva, come modificata dal regolamento delegato 2015/2170, non osta a un siffatto obbligo qualora esso sia previsto in modo chiaro, preciso e univoco nella normativa nazionale applicabile e sia portato a conoscenza dell’operatore economico interessato mediante i documenti di gara.
2) L’articolo 57, paragrafo 6, della direttiva 2014/24, come modificata dal regolamento delegato 2015/2170, deve essere interpretato nel senso che esso produce un effetto diretto.
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